Cultura

Scrittura d’esperienza per una nuova scuola plurale e femminista

Un murale femminista a MadridUn murale femminista a Madrid (Villa de Vallecas) – Alberto Ortega / Europa Press /ZUMA Press

Educazione di genere «Dietro la cattedra, sotto il banco» di Lea Melandri e Cattive Maestre raccoglie riflessioni sulla scuola, in un libro nato da una collaborazione fra l'autrice e il collettivo insegnanti romane

Pubblicato un giorno faEdizione del 12 novembre 2024

Molto si sta muovendo sull’educazione di genere nelle scuole. Almeno un’ora a settimana di educazione alle relazioni dovrebbe essere fatta in tutte le classi, sostengono i movimenti transfemministi. La stessa esigenza è stata rilanciata da Gino Cecchettin, padre di Giulia, tra le attività della fondazione che porta il nome di sua figlia.

Addirittura il ministro in carica Valditara ha colto l’urgenza davanti al moltiplicarsi apparentemente inarrestabile dei femminicidi. La sua proposta è stata giudicata insufficiente perché non prevede una formazione specifica, l’attivazione dei percorsi non è strutturale e dipende dalla volontà dei singoli collegi docenti. Resiste l’idea che la scuola non si occupi in maniera sistematica di educazione sessuale e affettiva. Il Vaticano e la montante reazione conservatrice ultracattolica sul modello Usa combattono la loro battaglia. Lo spauracchio dell’«ideologia gender» è usato per rafforzare una società repressiva.

ORA C’È UNO STRUMENTO in più per affrontare quella che è una lotta politica di primo piano. È il libro Dietro la cattedra, sotto il banco. Il corpo a scuola (Prospero, pp. 244, euro 18) che Lea Melandri ha scritto con il collettivo di insegnanti romane «Cattive Maestre», composto da Elisa Amato, Elisabetta Careri, Valeria De Paoli, Serena Orazi, Giuliana Visco e Valeria Zecchini. Dialogo a più voci, il libro raccoglie alcuni testi fondamentali sulla scuola scritti da una potente pensatrice femminista e li mette in dialogo con quelli scritti da chi partecipa al movimento transfemminista «Non una di meno».

Il libro entra nel dibattito sull’educazione sesso-affettiva e spariglia le carte. Non è un testo accademico ma un invito a essere radicali nel senso marxiano, cioè a cogliere le cose alla radice, mettendo in discussione l’impianto complessivo del sapere, la sua scissione dal corpo, il rapporto tra potere e sapere in classe e fuori, il ruolo delle insegnanti. Si propone una pratica – la scrittura d’esperienza elaborata da Lea Melandri – che stimola a interrogare i propri vissuti, gli stereotipi e i ruoli che abbiamo interiorizzato, il potere che ci viene concesso, il modo in cui con quel potere ci identifichiamo per disciplinare bambini e ragazzi, i metodi e l’uso del linguaggio, oltre che i fondamenti epistemologici delle varie discipline che sono insegnate nelle scuole italiane.

È un patrimonio ricchissimo di culture e di pratiche che sono messe all’opera. Per questo il libro serve come un fuoco nella notte.

Il bel titolo del libro va spiegato. Per «sottobanco» le autrici intendono il parlare degli studenti della propria vita, dei desideri, della sessualità, della famiglia, dei cambiamenti di un corpo, del giudizio sociale e di quello dei propri compagni, della difficoltà di essere considerati poveri, della vita parallela e clandestina sui social. Sono tutte urgenze che un insegnante riscontra ogni giorno tra i suoi studenti. La scuola però intende riportare l’ordine e spinge chi «sta dietro la cattedra» a cementare un muro e a fermare soggetti che dovrebbero diventare persone dotate di coscienza critica e autoconsapevolezza.

La scrittura d’esperienza è l’attività che Melandri ha strutturato in questi anni in laboratori di scrittura in tutta Italia. Questa pratica è radicata nella storia del femminismo, è un esempio del «partire da sé», fatta nei gruppi di autocoscienza. Melandri l’ha sperimentata nelle scuole di Affori, a Milano, già negli anni Settanta durante i corsi che servirono alle casalinghe per ottenere il diploma di scuola media. Un film straordinario di Adriana Monti, Scuola senza fine, testimonia il potenziale rivoluzionario di questo tipo di pratiche. Melandri gli dedicherà un altro libro.

QUESTA PRATICA serve all’insegnante consapevole a partire dal corpo che è alienato nella scuola disciplinare neoliberale. Si tratterebbe di sperimentare un nesso con le teorie femministe che rappresentano una prassi rivoluzionaria opposta a questa visione del mondo e della conoscenza. Pongono al centro le soggettività incarnate – di genere, razza e classe – e producono un sapere in cui il corpo diventa il punto di partenza per interrogare e cambiare le condizioni di potere in cui viviamo. La classe, e la scuola, sono i luoghi dove è possibile modificare il potere sociale che la scuola stessa riproduce, a partire dal corpo delle donne, in maggioranza insegnanti. La scrittura è una di quelle pratiche che possono portare a superare la cesura tra corpo e sapere sulla quale è costruita l’idea disciplinare di scuola. E, in più, può recuperare la «parola contaminata» data dall’intreccio tra vita e politica, sentimenti, ragione, inconscio e coscienza. Interrogare le discipline «per quello che non dicono, che hanno cancellato o deformato, partendo dal vissuto di ognuno».

La vita è fuori tema ripete spesso Lea Melandri. Questa è la condizione a partire dalla quale si può iniziare a innescare un divenire rivoluzionario.

Il libro sarà presentato giovedì 14 nell’aula Verra dell’Università Roma 3, in via Ostiense 234 alle 17:00.

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