Una politica che sa la differenza
Siamo al dunque. Il risultato del voto americano peserà anche sulle nostre vite? Si teme che la democrazia più antica degeneri in qualcosa di fascistoide se non in una nuova guerra civile.
Sere fa ho visto in tv quel film, Civil war, che la racconta in corso. Narrazione senza spiegazioni, piuttosto la storia di uno sguardo (fotografico: fissare il reale per continuare a interpretarlo). Non si “ragiona” sulle “ragioni” dei contendenti: ne ha scritto su DeA Letizia Paolozzi. L’unica cosa certa è la morte, il massacro, la violenza come piacere senza altro scopo. La “storia” è la relazione tra la fotografa professionista e la giovane che vuole emularla.
Che cosa trasmetterà la donna più grande che si sacrifica per l’altra? Il cinismo necessario a far bene quel mestiere? Un giudizio etico sulla guerra?
Una omologazione o un desiderio di rivolta?
Al centro dello scontro negli Usa emergono la paura e l’odio per il diverso, i sentimenti più orribili. Frutto dell’esasperazione per uno scacco sociale di larghi strati popolari. E la possibilità che una donna diventi presidente della potenza imperiale. La reazione del voto delle donne all’aggressione sull’aborto, alla riaffermazione patriarcale.
Un terzo dei “messaggi” di Trump – osservazione di Adriano Sofri – riguarda i rapporti tra i sessi con l’attacco a chi vorrebbe eliminare la “differenza” tra uomo e donna.
Sofri discuteva, la settimana scorsa, con Adriana Cavarero, Olivia Guaraldo e Wlodek Goldkorn sul libro delle due filosofe femministe Donna si nasce (e qualche volta lo si diventa) (Mondadori, 2024) nell’ultima giornata del “900fest” a Forlì (ne ho già accennato martedì scorso). E ricordava anche come la questione dell’andarsene delle donne sia di fatto al centro di tutte le guerre che si stanno combattendo.
Osservazione partita da allusioni ironiche all’esperienza personale, al vertice di Lotta Continua: una rivolta delle donne del gruppo contribuì allo scioglimento di quella esperienza politica. Si era in parte capito, da parte maschile, che anche Marx “aveva fatto una svista”: i proletari a fare la rivoluzione avevano da perdere le proprie catene, ma facendola a quel modo avrebbero perso anche le loro donne. Sarebbe finita l’unica “dittatura proletaria” mai effettivamente esercitata, quella agita in famiglia.
Scherzi ma mica tanto, se oggi la questione di che cosa debba intendersi per differenza tra i sessi, dei sessi, e nella sessualità di ognuno di noi, diviene oggetto dello scontro politico, e anima polemiche nel campo dello stesso femminismo.
Che, ha ricordato Cavarero, non è «mai stato un esercito, ha conosciuto molte correnti, molti scambi, vissuti diversi: un processo complesso da tenere aperto. In una tensione tra affermazione della libertà femminile e il guadagno venuto dalle politiche di emancipazione: ma mai riducendosi a imitatrici dei modelli maschili prevalenti». Oggi – ha aggiunto Guaraldo – «si avverte il rischio di una riduzione delle donne a una minoranza, se non a una loro cancellazione».
Il loro testo si propone il confronto con il femminismo delle generazioni più giovani. A Forlì uno scambio c’è stato, a cominciare dalle polemiche sulla gestazione per altri e sulla legge voluta dalla destra. Cavarero è contraria alla pratica, ma considera la legge «un mostro giuridico e una mossa di propaganda». Sofri la condanna («i già nati si dovranno considerare figli di un crimine?»).
Un gruppo di giovani femministe è intervenuto dal pubblico: «Se è una scelta consapevole e non viene ridotta a un mercimonio, perché no?».
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