A lanciare lo sviluppo turistico della Spagna fu Franco già negli anni Cinquanta, per risollevare l’economia e rompere l’isolamento. Nei decenni successivi la speculazione edilizia, l’avvento dei voli low cost e il ridisegno delle città a uso e consumo dell’industria turistica originarono un vero e proprio boom, amplificato da grandi eventi come le Olimpiadi di Barcellona del 1992. I massicci investimenti seguiti alla crisi finanziaria del 2008 e la diffusione degli affitti brevi hanno ora trasformato il turismo in uno tsunami suscitando un tale rifiuto sociale che le manifestazioni contro l’overtourism si susseguono ormai a ritmo settimanale.

A MAIORCA, il 21 luglio scorso, 20 mila persone hanno protestato contro un afflusso turistico incontrollato che ha causato il crollo della qualità della vita, l’aumento del prezzo degli alloggi, del costo dei beni di prima necessità, la diffusione di impieghi stagionali e precari. Le lavoratrici delle pulizie degli hotel, ad esempio, denunciano un incremento dei carichi di lavoro al quale non corrisponde quello dei salari. Chiamati a raccolta dal coordinamento «Meno turismo, più vita» i manifestanti hanno sfilato dietro uno striscione che reclamava «Cambiamo rotta, mettiamo dei limiti al turismo» chiedendo misure urgenti e concrete. A fronte di 1,2 milioni di abitanti, infatti, quest’anno alle Baleari è previsto l’arrivo di 20 milioni di turisti che fanno di Maiorca la terza destinazione più ambita dopo Madrid e Barcellona.

GIÀ IL 25 MAGGIO decine di migliaia di persone avevano protestato al grido di «Maiorca non si vende». A inizio luglio invece centinaia di persone hanno simbolicamente occupato alcune spiagge, rendendo patente agli ignari bagnanti il disagio dei residenti che, espulsi dallo spazio pubblico, denunciano la devastazione ambientale e culturale provocata da un’industria turistica che mira a una crescita infinita. Ovunque ormai i comitati chiedono una «decrescita turistica» che parta dalla riduzione drastica degli affitti brevi, da una diminuzione dei voli low cost e degli scali delle navi da crociera, dalla disincentivazione degli acquisti di case da parte dei non residenti.

LA LOBBY TURISTICA difende un settore che, afferma, nel 2023 avrebbe rappresentato il 71% della crescita reale dell’economia spagnola. Ma se il turismo costituisce una voce determinante del Pil, molta della ricchezza prodotta finisce in poche mani e spesso a migliaia di chilometri di distanza, arricchendo fondi di investimento e imprenditori insensibili alle ricadute sugli abitanti delle mete più trendy.

MASSICCE MOBILITAZIONI si sono svolte negli ultimi mesi alle Canarie, che secondo i comitati locali stanno letteralmente «collassando dal punto di vista sociale e ambientale» sotto la pressione di 10 milioni di visitatori stranieri annui, ai quali si aggiungono gli iberici. Nelle otto isole al largo del Marocco il 20 aprile si è svolta la mobilitazione finora più consistente, con 200 mila persone scese in piazza per dire «no all’invasione» e alle politiche dell’amministrazione locale che vuole raddoppiare la capacità ricettiva dell’arcipelago, mentre la popolazione a rischio povertà ha toccato quota 34%.

A BARCELLONA alcuni dei 20 mila manifestanti, scesi in piazza il 6 luglio anche per denunciare la «museificazione» della città, hanno bersagliato i turisti seduti nei bar con le pistole ad acqua, da tempo sui muri campeggiano slogan come «tourist go home». Recentemente, invece, a Malaga (Andalusia) gli attivisti hanno sigillato con il silicone le serrature di alcuni appartamenti turistici mentre migliaia di persone sfilavano al grido di «Vogliamo vivere, non sopravvivere», imitati dagli abitanti di Cadice. Anche se molti media parlano di «turismofobia», in generale la mobilitazione denuncia il ruolo dei grandi gruppi imprenditoriali e un modello di turistificazione vorace ed estrattivo piuttosto che additare i turisti come problema. Il 13 luglio è toccato agli abitanti di Alicante (nel Paese Valenzano) scendere in piazza, stufi delle 100 navi da crociera che sbarcano centinaia di migliaia di turisti che si aggiungono ai 17 milioni che visitano ogni anno la provincia, dove in appena cinque anni i prezzi delle case sono più che raddoppiati.

LA PRESSIONE turistica è diventata così insopportabile da suscitare proteste anche nel nord del paese, meta di un turismo di lusso in fuga dalle estati torride del Mediterraneo. Sulla costa atlantica è stata alcuni anni fa la città basca di Donostia a mobilitarsi contro la diffusione dei pisos turisticos e degli hotel e la distruzione del patrimonio architettonico e naturale. Ma ormai anche Bilbao è sul piede di guerra; qui alcuni attivisti del sindacato degli inquilini si sono incatenati alle porte di un appartamento turistico, contando sulla complicità dei vigili del fuoco che si sono rifiutati di sloggiarli.

NELLA VICINA CANTABRIA si protesta contro la turistificazione di molti centri rurali e l’aumento record del prezzo degli alloggi, balzato del 33% solo nel 2023. A Laredo, in particolare, 10 mila persone hanno marciato contro il progetto urbanistico di Ribamontán del Mar che prevede la realizzazione di appartamenti di lusso e di un campo da golf. In qualche caso le amministrazioni locali iniziano a riconoscere la necessità di un turismo sostenibile, ma le misure concrete sono rare. Il governo centrale si limita a chiedere alle regioni di mettere ordine nel far west normativo e promette il varo, nel 2025, di un registro centrale dei pisos turisticos.

IL PARTITO SOCIALISTA Catalano, però, ha votato contro la legge regionale che intendeva regolare gli affitti stagionali, utilizzati per legalizzare gli appartamenti turistici senza licenza e i coordinamenti contro la gentrificazione di Barcellona rimangono dubbiosi rispetto alla promessa del sindaco socialista Collboni di cancellare entro il 2028 diecimila licenze ad altrettanti alloggi turistici e di limitare l’approdo delle crociere.