Europa

Spagna, la rabbia e le fake news: «Così il vuoto viene riempito dalla disinformazione»

Esempio di cloud seeding foto XLa foto che gira sui social sull’inseminazione delle nuvole in Marocco

Intervista Alba Tobella dell'agenzia di fact-checking Verificat: «Ci sono gruppi che hanno molto interesse a generare sfiducia verso le istituzioni»

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 5 novembre 2024

La quantità di notizie false che inondano le reti sociali durante una catastrofe come quella di Valencia è strabiliante. Le agenzie di verificazione di notizie sono al lavoro senza pausa per cercare di mettere ordine, le due spagnole più qualificate si chiamano Maldita.es e Verificat; la prima con sede a Madrid, e la seconda a Barcellona. Abbiamo parlato con Alba Tobella, giornalista e fondatrice nel 2019 – assieme all’italiano Lorenzo Marini – di Verificat.

Perché durante le catastrofi cresce la quantità di fake news?
Quando accade un evento di grande impatto il volume di contenuto sulle reti sociali è enorme. La visibilità delle persone che condividono questi contenuti è assicurata. D’altra parte, in questa e altre tragedie come la pandemia, di solito c’è poca informazione, soprattutto all’inizio. Tutti abbiamo molte domande e poche risposte, ed è facile riempire questi vuoti con qualsiasi contenuto. Tanta incertezza finisce per riempirsi di disinformazione. Un terzo elemento in questo caso è la responsabilità politica. A Valencia e a Madrid ci sono governi di colore diverso, e pertanto ci sono accuse incrociate e la disinformazione approfitta di questi spazi.

Quali sono le bufale più comuni?
Abbiamo visto molta disinformazione relativa alle operazioni di salvataggio. Dicerie tipiche: mi hanno detto che abbiamo trovato 300 corpi qui o lì, i militari non sono potuti arrivare là… O per esempio, quando eldiario.es ha pubblicato un report dove si parlava di 2.500 chiamate per persone scomparse, è stata costruita una narrazione falsa che erano tutte morte. Poi ci sono state un sacco di fake news sull’allarme dalla Generalitat valenciana di non mettersi per strada. La disinformazione su chi aveva la responsabilità di mandarlo, a che ora, o perché la gente era in giro nonostante gli avvisi dell’Agenzia meteorologica (Aemet). Abbiamo visto molta disinformazione che attacca le fonti di conoscenza scientifica, proprio come era successo durante la pandemia. L’Aemet è stata oggetto di questi attacchi, quando l’allarme è stato inviato in tempo. Altro grande tema di disinformazione sono i volontari: dove si organizzavano, dove andavano. Abbiamo dovuto chiarire le competenze di ogni amministrazione, perché c’è stata molta confusione anche su questo. La stessa comunità valenziana ha detto che non aveva competenze per chiedere l’esercito, mentre la legge dice chiaramente di sì. La questione è che su tutto quello che non si può spiegare rapidamente e semplicemente è facile creare disinformazione.

Chi ha interesse a creare questa disinformazione?
Non credo che sia compito nostro puntare il dito. Diciamo che ci sono gruppi che hanno molto interesse a generare sfiducia verso le istituzioni, screditare le amministrazioni pubbliche e la scienza.

Persino il re, mentre gli lanciavano il fango, si lamentava della manipolazione dell’informazione. Che si può fare nel bel mezzo d’una emergenza?
La cosa più efficace è rendere consapevole le persone sulla disinformazione e fornire informazione di qualità. Le istituzioni devono comunicare la loro strategia per evitare le speculazioni. E farlo con maggiore trasparenza.

Rispetto a “solo il popolo salva il popolo” che appare sempre più spesso, si è manipolato il suo significato originale?
Credo che si è approfittato molto della confusione dell’opinione pubblica in questi giorni per distorcerne il senso e convocare proteste. La frase è stata usata sotto le immagini di migliaia di volontari che andavano a aiutare. Ma si è trasformata in: ci bastiamo da soli, non abbiamo bisogno delle istituzioni. Camuffando e generando confusione su come stanno andando le operazioni di recupero e chi ha la responsabilità di fare le cose. Generando l’idea che l’amministrazione è un disastro, e molta narrativa di: abbiamo bisogno dell’esercito perché i politici sono troppo blandi.

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