Alluvione in Spagna, fine della tregua. È tutti contro tutti
La macchina del fango Si indaga sulla regia dell’estrema destra dietro alle contestazioni al presidente Sánchez e ai reali. La Dana passa su Barcellona
La macchina del fango Si indaga sulla regia dell’estrema destra dietro alle contestazioni al presidente Sánchez e ai reali. La Dana passa su Barcellona
Tra i detriti la gente continua a trovare cadaveri, in tv si assiste alla lotta tra pezzi di Stato. A quasi una settimana dall’alluvione di Valencia, la politica spagnola non sta dando il meglio di sé. E mentre la tempesta – quella che i metereologi spagnoli chiamano Dana – sembra lasciare finalmente la penisola iberica, le ultime immagini che fanno il giro del mondo sono quelle delle folle indignate che lanciano fango contro tutte le autorità spagnole: Stato, monarchia, autonomia locale.
Nei primi giorni almeno chi ricopre ruoli di potere aveva tacitamente acconsentito ad una tregua alluvionale. Il presidente Pedro Sánchez era apparso in conferenza stampa con il criticatissimo Carlos Mazón – il presidente di centrodestra della Comunità valenciana accusato di aver tardato ore nel dare l’allarme. Mazón aveva risposto con altrettanto garbo istituzionale, ringraziando pubblicamente il capo del governo. Ma lo sacambio di cortesie è già finito.
IL PRIMO A PASSARE all’offensiva è proprio Mazón: in un’intervista all’emittente radiofonica Cope ha accusato la Confederación Hidrográfica del Jugar, un ente tecnico dipendente dal ministero della Transizione Ecologica, di aver lanciato e ritirato l’allerta per tre volte nel corso del martedì della tragedia. Una ricostruzione smentita dalla Confederación, che ricorda: «Non è nostra competenza rilasciare allarmi in materia idrogeologica». Anche della poca presenza di militari tra i soccorritori Mazón incolpa le autorità di Madrid, e di nuovo è arrivata in serata la replica delle autorità competenti: «Io posso avere 1.000 soldati alla porta della zona di emergenza, ma non posso entrare legalmente fino a che il direttore dell’emergenza mi autorizza» ha dichiarato il comandante dell’Unità militare di Emergenza Javier Marcos.
Mazón potrebbe però presto trovarsi a non gestire più la crisi. Il suo partito, il Partido Popular, ha annunciato a sorpresa l’intenzione di votare a favore di una eventuale dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Congresso spagnolo: una misura che permetterebbe al governo di Madrid di prendere in mano la situazione, esautorando di fatto le autorità valenciane. Lo chiede anche la sinistra radicale di Podemos, ma i socialisti e i loro alleati di maggioranza, Sumar, rimangono tiepidi.
LA RABBIA DEI CITTADINI, intanto, non aspetta i tempi del dibattito parlamentare. Domenica il re Felipe VI ha visitato alcune comunità colpite dalla Dana insieme a Pedro Sánchez e Carlos Mazón: tutti e tre sono stati contestati dalla folla, che ha lanciato fango al grido di «assassini, assassini».
Un gruppo si è accanito contro l’esponente socialista, colpendolo di striscio con un bastone. Si tratterebbe di persone legate all’estrema destra, si apprende dalla stampa. Nei numerosi video riversati sui social degli incidenti appaiono alcuni individui con magliette che esibivano simboli nazisti.
LA RABBIA per una tragedia evitabile è reale, e da più parti si cerca di cavalcarla. Mentre i soggetti della sinistra valenciana e spagnola puntano il dito sulla giunta valenciana e le sue colpe – dai ritardi nell’allerta all’abolizione dell’unità di risposta rapida alle emergenze fino all’aumento della cementificazione – da destra si cerca di usare il malcontento contro il governo centrale di centrosinistra e, ancora di più, contro lo Stato come istituzione.
Lo slogan «solo il popolo salva il popolo», usato in passato dalle sinistre, è diventato in questi giorni vessillo dei post-franchisti, che lo interpretano come un inno all’inutilità delle istituzioni (e della spesa) pubblica.
Intanto, la normalità è ancora lontana nel Sud della Spagna. Ieri l’allerta meteo si è spostata su Barcellona: niente di paragonabile a quanto visto a Valencia, ma ci sono state inondazioni e l’aeroporto è rimasto isolato.
A CHIVA, LA CITTADINA simbolo della tragedia, ci sono nuovi sfollati per il parziale crollo di un palazzo. Il numero di morti si è stabilizzato su 217, ma è probabile non sia finita qui: «Non ci sono più cadaveri in superficie» dice il governo «ma rimane la ricerca in parcheggi e sotterranei». E proprio da un parcheggio arriva la notizia più bella della giornata: l’area sosta interrata del centro commerciale Bonaria di Aldaia non contiene cadaveri, a quanto risulta dalle ricerche effettuate finora. Negli scorsi giorni se ne era parlato come di un possibile cimitero subacqueo, dove in centinaia avrebbero perso la vita mentre cercavano di fuggire con l’auto. Ma, almeno per il momento, le voci sembrano smentite. Di certo non aiuta a mantenere la calma il buio assoluto che permane sui dispersi: ancora non esiste nemmeno una stima approssimativa. Le autorità si giustificano con le difficoltà del caso e promettono di arrivare presto a una cifra, ma la mancanza del dato aumenta il senso di insicurezza e sfiducia nella popolazione. L’ultimo corpo senza vita è stato trovato ieri, grazie all’aiuto dei cani addestrati. Nessuno sa quanti altri si aggiungeranno.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento