Spagna calcio, Rubiales fa la vittima e non si dimette. Giocatrici furiose
Real Federación de Fútbol Il capo della Rfef starebbe lavorando per piazzare al vertice un uomo di fiducia
Real Federación de Fútbol Il capo della Rfef starebbe lavorando per piazzare al vertice un uomo di fiducia
Giovedì Luis Rubiales aveva comunicato ai collaboratori la volontà di dimettersi. Le proteste contro il bacio imposto ad una giocatrice della nazionale spagnola si erano trasformate in una valanga di richieste di rimozione e la Fifa aveva annunciato l’apertura di un procedimento disciplinare. Decine di squadre chiedevano la sua testa così come la maggior parte del mondo politico, dalla sinistra al PP. La vicenda sembrava chiusa.
Invece ieri il presidente della Real Federación de Fútbol (Rfef) si è presentato all’assemblea straordinaria dell’organismo deciso a difendere la sua poltrona con le unghie e con i denti. Non solo non si è fatto da parte, ma ha ribadito scuse improbabili che suonano come una auto assoluzione. In quei concitati attimi avrebbe chiesto ed ottenuto da Jenni Hermoso il permesso di baciarla, e comunque sarebbe stata la numero 11 ad indurlo a quel gesto innocente. In un comunicato però la giocatrice ha smentito categoricamente.
Di fronte ad una platea composta da uomini a lui fedeli per convenienza o mentalità (le delegate alla Rfef sono solo 6 su 140) Rubiales ha parlato di un bacio «spontaneo, reciproco, euforico e consensuale», frutto dell’enorme emozione di cui era preda per la vittoria dei mondiali delle “rosse”.
Suscitando stupore e sconcerto tra i giornalisti presenti, Rubiales si è definito una «vittima del flagello del falso femminismo imperante in Spagna». Ha chiesto scusa per essersi stretto i testicoli tra le mani dopo il gol contro l’Inghilterra ma per ben cinque volte ha gridato «Non mi dimetto!» tra gli applausi della platea. Il numero 1 del calcio spagnolo si è scagliato poi contro giornalisti e politici che gli hanno chiesto di farsi da parte ed ha annunciato azioni legali contro la ministre di Sumar Yolanda Díaz, Irene Montero e Ione Belarra e contro l’ex deputato di Podemos Pablo Echenique, rei di averlo accusato di molestie sessuali.
«I miserabili non se ne vanno, devono essere cacciati», ha tuonato il deputato degli indipendentisti catalani di Erc Gabriel Rufián. «Il consenso non lo certifica l’aggressore. Non funzionerà né il silenzio né screditare la vittima», ha scritto invece Montero sui social, definendo «violento e mafioso» il discorso del capo della Federcalcio, spalleggiato dall’allenatore Jorge Vilda, accusato a sua volta di metodi autoritari dalle giocatrici.
L’aggressivo sproloquio di Rubiales, infarcito di retorica vittimista e di cliché maschilisti, ha suscitato rabbia e sdegno in molte giocatrici spagnole, e i social si sono riempiti dei loro «se acabò!» («È finita!»). Ieri, poi, vari dirigenti delle federazioni regionali si sono dimessi dall’assemblea dei delegati della Federcalcio spagnola.
Il governo Sánchez ha annunciato l’immediato deferimento di Rubiales al Consiglio Superiore dello Sport affinché sia sospeso e poi destituito dal Tribunale Amministrativo. Da parte sua, la Procura di Madrid ha chiesto all’Audiencia Nacional l’apertura di un’indagine per «aggressione sessuale».
Di fronte alla concreta possibilità di perdere comunque il posto, il numero uno della Rfef starebbe lavorando per piazzare al vertice un uomo di fiducia e continuare, per interposta persona, a tenere un piede nell’istituzione che dirige dal 2018. Nei suoi cinque anni di potere, il presidente è finito nel mirino della magistratura per la discussa scelta di far giocare la Supercoppa spagnola in Arabia Saudita, in collaborazione con l’impresa Kosmos, di proprietà dell’allora giocatore del Barcellona Gerard Piqué, aggiudicataria di una commissione di 4 milioni l’anno per tre anni.
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