Lo sbarco in Francia dei migranti soccorsi nel Mediterraneo centrale «è stata una situazione eccezionale che non deve ripetersi», ha dichiarato ieri il presidente di Sos Mediterranée François Thomas. Lo ha fatto durante una conferenza stampa dedicata ai media francesi nel teatro di Tolone. A poche centinaia di metri erano in corso le operazioni di sbarco dalla Ocean Viking delle 230 persone salvate tre settimane fa. «Non è normale sbarcare a tanta distanza dai luoghi dei soccorsi», ha detto ancora Thomas.

Sos Mediterranée, dunque, chiarisce che la scelta di percorrere oltre mille chilometri per arrivare dallo Stretto di Sicilia al porto di Tolone è stata di natura straordinaria. La prima e l’ultima volta, insomma. In questo senso sta lavorando anche il governo francese, con ripicche e pressioni su Roma. Se queste non andranno a buon fine, però, l’Ong dovrà trovare una strategia diversa da quella dell’ultima missione. Perché, almeno a parole, il governo Meloni non ha intenzione di fare passi indietro e ha interpretato lo sbarco transalpino come un precedente per una diversa gestione dei soccorsi nel Mediterraneo.

La Ocean Viking trascorrerà le prossime settimane in cantiere, ma al termine degli interventi ha intenzione di riprendere a navigare. «Certo che torneremo in mare – ha ribadito il direttore delle operazioni Xavier Lauth – Non accettiamo che il Mediterraneo diventi un cimitero». Dal 2014, secondo i numeri dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), lungo la rotta centrale sono morte 25.621 persone. Solo quest’anno: 1.912.

Sulle difficoltà dell’ultima missione è tornata la co-fondatrice di Sos Mediterranée Sophie Beau: «Questa crisi è il risultato del fallimento degli stati europei nel mettere in piedi un meccanismo globale. Prima di tutto di salvataggio […] e poi di gestione successiva affinché la responsabilità sia ripartita». «Servono meccanismi di solidarietà europea», ha dichiarato.

Il tema sta a cuore a tutti i governi Ue, ma ognuno lo interpreta a modo suo. Giovedì il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini aveva ironizzato sulla proposta di Parigi di bloccare la redistribuzione di 3.500 migranti con un ironico: «la solidarietà europea…». Ieri Giorgia Meloni si è augurata che «siano isolati i trafficanti e non l’Italia». Ma i numeri raccontano una realtà ben diversa dalla retorica governativa, alimentata per anni anche da esecutivi tecnici e di centro-sinistra, secondo cui l’Italia sarebbe stata «abbandonata dalla Ue».

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Basta guardare quelli dell’Unhcr, elaborati dal ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) Matteo Villa. Nel 2021 in Italia l’incidenza dei rifugiati sulla popolazione era dello 0,2%. A Malta, che è grande quanto Roma e ha una popolazione poco più numerosa del VII municipio capitolino, nove volte tanto. In Germania raggiungevano l’1,5% e in Norvegia lo 0,9% dei cittadini, solo per citare i paesi di bandiera delle navi Ong chiamati in causa dal governo italiano.

 I dati elaborati da Matteo Villa (Ispi)

Se aggiungiamo i profughi ucraini il dato italiano sale allo 0,5%, ma rimane comunque più basso di quello tedesco (2,7%), maltese (2,1%), norvegese (1,4%).

I dati elaborati da Matteo Villa (Ispi)

«L’Italia fa tanto in termini di migrazione ma non è da sola», ha ricordato ieri Viktor Elbling, ambasciatore tedesco a Roma. Lo ha fatto diffondendo i numeri dei primi nove mesi del 2022: 154.385 richiedenti asilo in Germania; 110.055 in Francia; 48.935 in Italia. Rispettivamente: lo 0,186%, lo 0,163% e lo 0,083% della popolazione (fonte: Eurostat).

Anche con le stime sui migranti irregolari la storia non cambia. Uno studio del centro di ricerca statunitense Pew Research Centre pubblicato nel 2019 rileva come quasi tutti i paesi europei, Italia compresa, hanno una percentuale di migranti in condizione di irregolarità inferiore o uguale all’1% della popolazione. È doppia solo in Austria, Cipro, Malta, Slovenia.

Con questi numeri il governo Meloni ha ben poco da fare la vittima. Per le violazioni del diritto del mare e delle convenzioni internazionale compiute nei confronti delle tre navi umanitarie, e in particolare della Ocean Viking, non c’è alcuna giustificazione