Till Rummenhohl ha 30 anni ed è un esperto di ingegneria oceanica. Sulla Humanity 1, che insieme alla Ocean Viking attende un porto davanti alle coste siciliane, svolge il ruolo di capomissione. È impegnato col soccorso civile nel Mediterraneo centrale da sei anni. Tra il 2016 e 2017 ha partecipato a nove missioni sull’Aquarius. In molte altre ha lavorato da terra.

Sembra che il governo italiano non voglia darvi il porto. A bordo c’è preoccupazione?

Non abbiamo ricevuto comunicazioni ufficiali. Il processo di richiesta al centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma e al Viminale ha seguito la stessa procedura delle missioni precedenti. Al momento non c’è alcun divieto di ingresso nelle acque territoriali. Ci aspettiamo che questo non cambi, nonostante le dichiarazioni ai media. Ci aspettiamo che l’Italia ci dia un porto. Nelle convenzioni internazionali è scritto chiaramente che deve essere assegnato un luogo sicuro di sbarco. Le autorità italiane devono rispettare quest’obbligo.

Quante richieste di porto avete inoltrato?

Quattro. La prima il 23 ottobre. Le ripeteremo ogni giorno fino a quando non riceveremo risposta.

Chi sono le persone salvate?

A bordo abbiamo 180 naufraghi. Vengono da Gambia, Nigeria, Sud Sudan e altri paesi. Un centinaio sono minori non accompagnati. Abbiamo soccorso un gommone pieno di donne e bambini da cui alcune persone, prima del nostro arrivo, erano cadute in acqua. Sembra che qualcuno sia annegato. I compagni di viaggio sono sotto shock. Ci sono uomini e donne che in Libia hanno sofferto violenze continue e ne portano le cicatrici sul corpo. Lo spazio sul ponte è limitato e non è possibile separare i minori dagli adulti. Dormono all’aperto, nello stesso spazio. Esposti a condizioni climatiche che nei prossimi giorni peggioreranno: è previsto un vento più forte.

Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi vi accusa di operare in maniera autonoma e senza coordinamento. È vero?

No, non lo è. Abbiamo agito nello stesso modo degli ultimi sei anni. Non abbiamo mai cambiato alcun comportamento, rispettando tutti gli obblighi imposti dal diritto internazionale del mare. Il problema è che da alcuni anni le autorità italiane e maltesi non rispondono più ai nostri messaggi e non coordinano le nostre operazioni di ricerca e soccorso. Non ci fanno sapere nulla neanche quando chiediamo informazioni sui casi di barche in difficoltà di cui riceviamo notizia. Quando ci sono persone in pericolo in mare il soccorso non è una scelta, ma un dovere imposto dalla legge. Se le autorità non rispondono dobbiamo scegliere se salvare o no. Se il capitano non reagisse nel più breve tempo possibile si comporterebbe in modo illegale e sarebbe perseguibile. Noi informiamo tutti i centri di coordinamento di ogni passaggio dei soccorsi. Ma non rispondono mai.

Ci sono state reazioni dallo Stato di bandiera dopo la nota verbale inviata dal ministero degli Esteri italiano all’ambasciata tedesca?

Siamo in contatto continuo con la Germania che ci aiuta a comunicare con le autorità italiane. Adesso però il tema è passato su un piano diplomatico tra ambasciate e ministeri che non ci compete.

Cosa farete se l’Italia vi nega qualsiasi porto e vi dice di andare in Francia, Spagna o addirittura Germania come pretese in passato Matteo Salvini?

Continueremo ad agire rispettando il diritto internazionale del mare, come abbiamo sempre fatto. Questo significa che i naufraghi devono sbarcare nel porto sicuro più vicino. Siccome Malta ignora le nostre richieste, il successivo paese competente è l’Italia. Continueremo a fare pressione per avere il porto: non è ragionevole né realizzabile andare lontano con i sopravvissuti a bordo. Significherebbe metterli di nuovo in pericolo. Un soccorso non è finito finché non toccano terra. Faremo pressione sull’Italia perché rispetti le leggi nazionali e internazionali. Se chiuderanno i porti dimostreremo che è illegale.

Per Piantedosi l’obiettivo del governo è che non ci siano più navi di Ong che salvano migranti nel Mediterraneo. Cosa significherebbe?

Sarebbe una tragedia in primis per l’Europa. Vedremmo un grande aumento di morti e dispersi. Una grande vergogna per i paesi europei e per la società civile. Noi salviamo le vite delle persone perché ci sono politici che adottano misure anti-migranti. Il Mediterraneo centrale è la rotta più letale al mondo e la situazione peggiorerebbe ancora. Le persone sarebbero comunque costrette a salire sulle barche per fuggire dalle condizioni in Libia. Si tratterebbe di una grande tragedia. Per la prima volta il Mediterraneo si troverebbe senza mezzi di ricerca e soccorso, a differenza del resto dei mari e oceani. Quando le persone chiedono aiuto devono essere salvate.