Il Senegal ha vissuto ieri una nuova giornata di tensione – in particolare a Dakar nella zona universitaria – con violenti scontri tra le forze di sicurezza e centinaia di sostenitori di Ousmane Sonko, leader del partito Pastef (I patrioti del Senegal) considerato il principale oppositore e competitor dell’attuale presidente senegalese Macky Sall alle prossime presidenziali del 2024.

Un comunicato del Pastef ha invitato tutti gli attivisti a scendere in piazza per protestare contro «l’ennesimo attentato alla democrazia», subito dopo la condanna a Sonko, da parte del tribunale di Dakar, a due anni di carcere per «corruzione di giovani» e non più per «stupro», come richiesto dai magistrati in precedenza.

Scontri erano già scoppiati nella mattinata di ieri a Ziguinchor – roccaforte elettorale di Sonko nella Casamance e città di cui è sindaco – da dove la scorsa settimana era partito con la «carovana della libertà» alla volta della capitale. «Protesta itinerante non autorizzata», secondo il ministro dell’Interno Antoine Diome, finita con 60 arresti, una vittima e l’accompagnamento di Sonko fino alla sua residenza di Keur Gorgui, a Dakar, con «l’obbligo di non uscire».

Dakar, 1 giugno (foto Ap)

Dopo essersi candidato alla presidenza Sonko è diventato il protagonista di una telenovela politico-giudiziaria che ha infiammato tutto il paese con manifestazioni regolarmente accompagnate da incidenti, con oltre 25 morti e centinaia di arresti in due anni. Se la sentenza sarà confermata, dopo quella della scorsa settimana per «diffamazione» ai danni dell’attuale ministro del Turismo Mame Mbaye Niang, il leader del Pastef sarà di fatto escluso dalle prossime presidenziali per ineleggibilità.

Dure le proteste da parte di tutte le opposizioni. L’ex sindaco di Dakar, Khalifa Sall, ha denunciato «la trasformazione della giustizia in uno strumento di manipolazione politica» e l’ex prima ministra Aminata Touré ha gridato alla «farsa», visto che Sonko era indagato per stupro ed è stato condannato per un altro reato.

In segno di protesta oltre 257 prigionieri politici incarcerati in questi mesi hanno deciso di iniziare uno sciopero della fame in solidarietà con Sonko per denunciare «il clima di repressione» che ha causato in questi mesi l’incarcerazione di numerosi giornalisti come il direttore del sito di notizie Dakar Matin, Pape Ndiaye, imprigionato per aver messo in dubbio «l’imparzialità della giustizia nel caso Sonko».

La rabbia delle opposizioni si cristallizza sull’accusa nei confronti del governo di voler escludere Sonko, favorito per le prossime presidenziali, «con l’utilizzo strumentale della giustizia» e sull’intenzione attribuita a Macky Sall, al potere da 11 anni, di candidarsi per il terzo mandato consecutivo, scavalcando di fatto la costituzione. Proprio per questo motivo lo scorso 16 aprile è nata la piattaforma “F24” che ha visto oltre un centinaio di firmatari tra partiti politici di opposizione, organizzazioni della società civile, sindacati o personalità indipendenti e la partecipazione di decine di migliaia di persone lo scorso 19 maggio nella prima manifestazione contro la candidatura di Sall.

«L’arresto di Sonko o la sua definitiva esclusione (dopo il terzo posto alle presidenziali del 2019, ndr), potrebbe infiammare il paese e causare nuove violenze», ha affermato a France24 l’analista politico Cheykh Guèye, indicando che in questi ultimi anni il Senegal non è più «quell’isola di stabilità nell’Africa occidentale».