Sognare la rivoluzione come atto d’amore e in nome della fede
Indagini Il saggio di Luca Kocci, «Cristiani per il socialismo 1973-1984. Un movimento tra fede e politica (il Pozzo di Giacobbe). Una ricerca che spazia dall'ispirazione iniziale di quest'area nella teologia della liberazione, fino alla vicinanza al Pci prima e a Democrazia Proletaria poi. La nascita, in occasione di un convegno svoltosi a Bologna il 21 settembre 1973, fu ispirata dall'esperienza del Cile di Allende
Indagini Il saggio di Luca Kocci, «Cristiani per il socialismo 1973-1984. Un movimento tra fede e politica (il Pozzo di Giacobbe). Una ricerca che spazia dall'ispirazione iniziale di quest'area nella teologia della liberazione, fino alla vicinanza al Pci prima e a Democrazia Proletaria poi. La nascita, in occasione di un convegno svoltosi a Bologna il 21 settembre 1973, fu ispirata dall'esperienza del Cile di Allende
Il 21 settembre 1973 circa duemila persone si ritrovano a Bologna, dove, per iniziativa di un gruppo di cristiani di sinistra, è stato convocato il convegno nazionale dal titolo «Cristiani per il socialismo». Si tratta di militanti che provengono dalla sinistra delle Acli e della Cisl, dalle riviste e dai gruppi del cattolicesimo di base e dalla gioventù evangelica.
VIENE FONDATA la sezione italiana dei Cristiani per il socialismo (Cps): un’esperienza politica e religiosa durata grosso modo un decennio, destinata a lasciare un’impronta nella storia del cattolicesimo e della sinistra italiana, ora ricostruita con rigore, usando un’ampia mole di fonti di archivio e a stampa, da Luca Kocci in Cristiani per il socialismo 1973-1984. Un movimento tra fede e politica (il Pozzo di Giacobbe, pp. 256, euro 23). La vicenda prende le mosse dalla fine del Concilio Vaticano II (1965), quando il mondo cattolico si ritrova dilaniato dalla ricezione dei documenti e dello spirito di quell’assise mondiale che ha dichiarato la fine di un’epoca.
La fede cristiana, spiega la costituzione pastorale Gaudium et spes, non può essere usata come puntello dell’azione politica. I cattolici sono invece chiamati a trasformare la società alla luce dei «segni dei tempi», contro il sottosviluppo, per la pace nell’era della deterrenza atomica. La Dc viene investita dalla protesta che nel movimento del ’68 unisce credenti e non credenti. I primi contestano la stessa legittimità di un partito che si definisce cristiano ed è inoltre moderato e conservatore; aprono un dialogo con gli intellettuali comunisti, ma pur accogliendo il marxismo come strumento di trasformazione, non si riconoscono pienamente nelle sinistre di partito, a cui rimproverano la prudente connivenza con la gerarchia ecclesiastica e i suoi desiderata.
I CPS NON SONO UN PARTITO e neppure un movimento ecclesiale, semmai sociale e politico, che pure auspica un vero cambiamento della chiesa di Paolo VI, accusato di aver «normalizzato» la svolta conciliare. Nella fase di ascesa, che dura fino alla metà del decennio, arrivano a coinvolgere, con livelli diversi di partecipazione, alcune decine di migliaia di persone. Come Kocci mette bene in luce, i Cps traggono linfa dalle teologie della liberazione latinoamericane, e più precisamente dal Cile di Allende dove il movimento internazionale ha preso vita, per poi espandersi (clandestinamente) nella Spagna franchista, in Francia e in altri Paesi europei.
A Bologna vengono gettate le basi teoriche di un’esperienza in cui confluiscono anime diverse che condividono obiettivi e speranze comuni: l’emancipazione delle masse cattoliche (in prima istanza, con la fine dell’unità politica dei credenti nella Dc); la «liberazione» della chiesa dall’alleanza con i poteri forti; la realizzazione di una società socialista. Nella presidenza figurano gli esponenti delle principali correnti promotrici: Marco Bisceglia; Giorgio Girardet; Giuseppe Morelli; Romano Paci; Roberto De Vita, docente di sociologia, che svolge l’intervento introduttivo e assume la carica di coordinatore. Di lì a breve, De Vita si avvicina al Pci, sollecitando la segreteria di Berlinguer sui temi cari al movimento. Ma spetta a Giulio Girardi, teologo salesiano, esperto del tema, dirimere il nodo più spinoso: cristiani perché socialisti o socialisti e cristiani? Si opta per la seconda opzione, rifiutando ogni forma di «integrismo» politico-religioso, di cui pure i Cps vengono tacciati dalle pagine della Civiltà Cattolica.
MA LA CONTRADDIZIONE, già insita nella scelta del nome, non viene del tutto risolta né da Girardi, che parla della rivoluzione come realizzazione dell’amore cristiano, né successivamente. Indefinita rimane anche la proposta socialista, che alla prova dei fatti, spiega Kocci, si traduce prima nel fiancheggiamento critico alle sinistre, al Pci in particolare, e dopo le elezioni del 1976 nell’avvicinamento a Democrazia Proletaria. Nel 1977 il convegno di Santa Severa sancisce una crisi numerica e ideologica sempre più evidente.
Tre anni prima i Cps hanno incassato il loro più importante successo con la vittoria del «No» al referendum sul divorzio, ottenuta con i voti determinanti dei cattolici. Altre battaglie – contro il Concordato; per il disarmo; etc – non avranno la stessa fortuna. Nondimeno, la parabola dei Cps appare oggi davvero straordinaria, nella sua ostinata pretesa di recuperare la dimensione politica del cristianesimo: rivoluzionaria come il suo messaggio originario.
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