Il nuovo Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec) prevede il ritorno al nucleare a fissione, con la costruzione di Small Modular Reactor (Smr), di Advanced Modular Reactor (Amr) e di micro reattori, con una potenza di 400 MW già al 2035, 2.000 MW al 2040, 3.500 MW al 2045 e 7.600 MW al 2050.

I nuovi modelli di reattori nucleari, anche se più piccoli e con alcune modifiche rispetto ai precedenti, restano pur sempre reattori a fissione che producono rifiuti radioattivi, contaminano impianti e siti per lunghissimi periodi e non sono esenti dal rischio di incidenti che, è già successo, possono causare emissioni radioattive con impatti pericolosi su vaste aree.

Il ritorno al nucleare a fissione, in un Paese dove è stato fermato da referendum sostenuti da un ampio consenso popolare, dovrebbe richiedere un dibattito pubblico approfondito. Perché per decarbonizzare la produzione di energia sarebbe necessario tonare in Italia alle centrali nucleari a fissione? «La letteratura scientifica internazionale è concorde – si legge nel Pniec senza citare alcuna fonte – nell’affermare che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili, in particolare non programmabili, è possibile, ma non economicamente efficiente».

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I sostenitori del nucleare continuano a dire e scrivere che un sistema elettrico interamente basato su fonti rinnovabili non sarebbe possibile a causa della discontinuità di tali fonti. Il nuovo Pniec riconosce, invece, che è possibile.

Sono, infatti, ormai ampiamente note e sperimentate le modalità di impiego combinato di diverse fonti rinnovabili (solare, eolico, idroelettrica, biomasse e geotermica), le possibilità di una gestione intelligente della domanda, di adeguamento delle reti e, soprattutto, quelle in atto di sviluppo dei sistemi di accumulo, di breve e di più lunga durata, che possono rendere le rinnovabili programmabili e in grado di rispondere al 100% di una domanda elettrica anche in forte crescita. Ma la modalità «100% rinnovabili» non sarebbe, come dice il nuovo Pniec, «economicamente efficiente»?

La realtà è dura da accettare per i nuclearisti, nati e cresciuti con una fede incrollabile nel basso costo dell’elettricità generata dalle centrali nucleari. Anche se l’Agenzia Internazionale per l’Energia (World Energy Outlook, 2023 ) ha pubblicato che, nel 2022, il costo livellato di generazione (Lcoe) dell’elettricità prodotta nella Ue dalle centrali nucleari è stato più che doppio di quella da fonti rinnovabili: 160 $ al MWh col nucleare, 65 $ al MWh col fotovoltaico e 60 $ al MWh con l’eolico onshore.

I costi di rientro nel nucleare per chi ne è uscito da molti anni non sono trascurabili; i costi dell’elettricità generata con reattori più piccoli, per le economie di scala, dovrebbero essere più alti di quella dei grandi reattori; i costi dell’approvvigionamento dell’uranio fissile e del suo arricchimento, specie per l’Italia che non ha né uranio né impianti di arricchimento, sono alti e continuano a crescere; i costi per la localizzazione e la costruzione di reattori nucleari sono alti e, in genere, superiori di quelli previsti dal progetto; i costi di smantellamento e bonifica dei reattori sono proibitivi; i costi di gestione dei rifiuti radioattivi sono alti e durano per moltissimi anni; dei costi reali dei nuovi reattori di cui parla il Pniec non sappiamo ancora nulla perché non ne è stato ancora costruito neanche uno in nessun Paese Occidentale: dati questi fatti e presupposti, come si fa ad affermare che il ritorno al nucleare sarebbe, in Italia , «economicamente più efficiente».

Il nucleare in Europa è in declino da anni: l’elettricità prodotta dalle centrali nucleari è crollata del 29% dal 2010 al 2022, da 854 a 607 TWh (fonte Weo- Iea, 2023). Su 27 Paesi europei che puntano a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 , la maggior parte – ben15 – non ha centrali nucleari; il più grande, la Germania, che persegue un ambizioso programma di decarbonizzazione, nel 2023 le ha chiuse tutte e la Spagna ha programmato di chiuderle tra il 2027 e il 2035.

Invece di polemizzare, i fans del nucleare dovrebbero provare a rispondere a questa semplice domanda: come mai solo il Governo Italiano, fra i 15 Paesi europei senza centrali nucleari, è l’unico che ha programmato di tornare al nucleare? Per sollecitare una discussione pubblica più informata, per contrastare le fake news abbondanti su questo tema, 31 esponenti di associazioni ambientaliste, del terzo settore e sindacali, 36 docenti universitari e ricercatori e 26 esponenti del mondo delle imprese, hanno promosso un Appello per costituire un Network per sostenere un impegno climatico più efficace, per decarbonizzare la produzione di elettricità con 100% di rinnovabili .

* presidente della Fondagione per lo Sviluppo Sostenibile