Slow Food: «Non contiamo i cittadini, facciamo contare la loro voce»
Congresso Caporalato, sementi, Ogm, salute, diritti, territori, biodiversità: i temi su cui intrecciare una solidarietà della base. Nata ieri la prima comunità dell’associazione: entro due anni saranno 1.500 in Italia, 5mila nel mondo
Congresso Caporalato, sementi, Ogm, salute, diritti, territori, biodiversità: i temi su cui intrecciare una solidarietà della base. Nata ieri la prima comunità dell’associazione: entro due anni saranno 1.500 in Italia, 5mila nel mondo
Danilo De Biasio, giornalista, direttore del Festival dei Diritti Umani di Milano, è a Montecatini Terme, ospite del IX Congresso di Slow Food Italia.
Dà il suo contributo al gruppo di lavoro sulla cittadinanza globale, uno degli undici di questa seconda giornata di lavori: «Qui parliamo di comunità, un tema molto rilevante come dimostrano anche i discorsi di Martina e Renzi, in cerca di una “comunità” all’assemblea del Partito Democratico. È decisivo perché permette di rispondere a una domanda, “noi a chi apparteniamo?”, e a partire da quella di esprimere solidarietà. Solo se faccio parte di una comunità allargata, posso essere solidale in modo efficace: questo è un elemento di enorme forza, che Slow Food deve saper mantenere».
Oggi De Biasio ha indossato una polo rossa, senza sapere che la comunità di Slow Food Italia – di cui a questo punto fa parte – si è data appuntamento alle 20 per scattare una foto «tutta rossa» e aderire così alla giornata contro l’indifferenza promossa da Arci, Anpi, Legambiente e Libera.
Lo scatto è il primo momento d’incontro tra tutti i delegati, che hanno dedicato la giornata di ieri ai lavori nei gruppi. Sessioni utili a discutere e identificare obiettivi e politiche del prossimo biennio associativo. Temi (caporalato, sementi, Ogm, salute, diritti, territori, biodiversità) e soggetti con cui continuare a lavorare, dalla coop In Migrazione a Terra! Onlus, da Action Aid a Save the Children, da Legambiente al Wwf, da Mani Tese all’universo delle cooperative di comunità.
«L’intento comune è far sì che l’attivismo civico venga riconosciuto dalla politica come risorsa. Oggi le nostre organizzazioni possono occupare quel posto che i partiti hanno lasciato vuoto, consapevole del fatto che i partiti sono macchine che contano i cittadini, mentre le associazioni, le no profit sono le organizzazioni che fanno contare la voce dei cittadini», sottolinea Marco De Ponte, direttore generale di Action Aid.
«L’apertura di Slow Food è super coraggiosa e ambiziosa. Perché aprirsi e diventare più orizzontali implica un forte senso di responsabilità e di consapevolezza», dice Giosuè De Salvo, responsabile Advocacy, educazione e campagne della Ong Mani Tese.
Tra i soggetti che dialogheranno con Slow Food Italia c’è anche Vento, il progetto del Politecnico di Milano per una dorsale cicloturistica tra Venezia e Torino, lungo il Po: «Il filo leggero cicloturistico di Vento diviene progetto strategico per Slow Food – spiega al manifesto l’ideatore, il professor Paolo Pileri – È un progetto di mobilità lenta che è naturalmente capace di divenire il filo narrativo del buon cibo, delle osterie e dei produttori. Cibo è cultura e il cicloturismo che vogliamo è quello in grado di relazionarsi con queste culture. Vogliamo lavorare assieme a creare le condizioni migliori e durature per generare quelle economie e quelle occasioni occupazionali per rigenerare le aree interne lungo il Po».
Di cibo e cultura si è occupato il gruppo di lavoro «semi di libertà», con il supporto del genetista Salvatore Ceccarelli, che ha aperto una finestra sul tema della sovranità alimentare: «Non si può immaginare un’agricoltura basata sull’uniformità, come stanno facendo molti centri di ricerca finanziati dalle grandi multinazionali sementiere. I cambiamenti climatici o la stessa conformazione del nostro Pianeta ci richiedono diversità. È fondamentale coltivare la biodiversità, solo questo può darci un futuro migliore. Slow Food deve con forza continuare la battaglia per la non proprietà dei semi, perché ogni contadino possa essere svincolato dall’acquisto di semi ibridi e brevettati. Ogni contadino deve poterne disporre e selezionare quelli che meglio si adattano al proprio territorio. Solo così i contadini sono liberi di decidere».
Un percorso legato a contadini, comunità e filiere è quello che ha portato qui Massimo Morettuzzo, al suo primo congresso da delegato. Arriva dal Fruli-Venezia Giulia, dove da sindaco di Mereto di Tomba ha promosso il progetto «Pan e farine dal Friûl di Mieç»: «Apprezzo l’intuizione di aprirsi a progetti di territorio, con le nuove comunità Slow Food», dice.
Entro il 2020, in Italia ne dovrebbero nascere almeno 1.500 e 5mila in tutto il mondo. La prima è stata formalizzata all’apertura del Congresso: è formata da soggetti che si impegnano a tutelare la produzione della castagna del Monregalese, in provincia di Cuneo. Lega ambiente, economia e tutela del territorio, passando per la pulizia dei boschi.
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