Con «soddisfazione» e «curiosità». Così, Carlo Petrini guarda all’inizio di una nuova epoca per l’associazione che fondò a metà anni Ottanta. Lo dice in un giorno che resterà nella storia di Slow Food, quello del passaggio di testimone alla guida del movimento internazionale per il cibo «buono, pulito, giusto» a Edward Mukiibi, agronomo ed educatore ugandese, nato nello stesso stesso anno, il 1986, in cui la Chiocciola – diventata icona oltre che simbolo – muoveva i primi passi a Bra (Cuneo).

ED È ANCORA A BRA, precisamente a Pollenzo dove ha sede una sua emanazione, l’Università di Scienze Gastronomiche, che ieri si è compiuto il passaggio, con applausi e commozione, ma – ha avvertito Petrini – senza troppe «cerimonie di amarcord e di distacco». «Continuerò a rimanere il fondatore , che opera per realizzare le fondamenta di un edificio. Il nostro è tutt’altro che terminato. Ma le fondamenta sono salde, frutto del lavoro collettivo».

OLTRE 50 DELEGATI dai cinque continenti si stanno riunendo in questi giorni a Pollenzo per l’ottavo congresso internazionale di Slow Food. Ieri, oltre al rinnovo del consiglio di amministrazione e alla nomina del nuovo presidente, è stato anche deliberato il passaggio dalla forma associativa a quella di Fondazione di partecipazione Ets, riconosciuta dallo Stato italiano come Ente del Terzo Settore, che permette il coinvolgimento di una pluralità di soggetti, sia pubblici che privati, che ne condividono le finalità. Un rinnovamento iniziato durante il precedente congresso internazionale del 2017 a Chengdu, in Cina, proprio per andare oltre al modello associativo e «rendere Slow Food più aperto e inclusivo con l’obiettivo di affrontare nel modo migliore le sfide odierne rispettando le diversità di tutti i territori». Il movimento della Chiocciola è attivo attualmente in 160 paesi nel mondo.

IL CONGRESSO ARRIVA dopo due anni di pandemia, piomba in piena crisi climatica e con una guerra in Europa, in Ucraina, che si aggiunge agli svariati conflitti che imperversano in ogni angolo del globo. «Ed emerge in maniera sempre più forte e chiara – ha dichiarato Petrini – il ruolo del cibo come responsabile principale del disastro ambientale. Il nostro movimento, impegnato da trent’anni a garantire l’accesso al cibo buono, pulito e giusto per tutte e tutti, deve avere il coraggio di assumere un ruolo politico di primo piano nel frenare questa deriva dai risvolti catastrofici. Abbiamo bisogno di una governance che lasci spazio alle nuove generazioni, dobbiamo avere la capacità di coniugare il nuovo con la storia». E in questa invocazione all’attivismo, riprendendo l’accusatorio «bla bla bla» di Greta Thunberg e puntando il dito contro lo spreco alimentare (e allo stesso tempo di acqua e di suoli), si spiega come sia maturata l’esigenza di una nuova leadership. «In grado di riprendere quella biodiversità culturale che ci caratterizza, basata su intelligenza affettiva e austera anarchia. Non si governa un movimento internazionale concentrando il potere, bisogna dare, e così è stato fatto, la possibilità ai territori di realizzare la politica che ritengono più utile. E dobbiamo seminare elementi di affettività che possano rendere questa austera anarchia realizzabile», ha concluso Petrini, che in un passaggio ha espresso solidarietà al popolo curdo, la cui persecuzione «è una vergogna per Europa e Nato», di cui la Turchia è membro.

IL NEO-PRESIDENTE Edward Mukiibi è originario della zona di Kisoga, una quarantina di chilometri dalla capitale dell’Uganda Kampala. La sua famiglia gestisce da sempre una fattoria e, fin da giovane, ha voluto proseguire l’attività dei genitori. L’incontro con Terra Madre, la rete dei contadini, è avvenuto nel 2008: «Un’esperienza di gioia, che mi ha dato la forza di tornare a casa per fare di più».

DAL 2014 VICEPRESIDENTE di Slow Food. «È il momento giusto – ha detto, ieri, dopo la nomina – per ricostruire, rafforzare e rinnovare. Anche le più piccole azioni messe in campo dalle nostre comunità sono portatrici di una speranza concreta e generano un impatto positivo sulle nostre vite, perché siamo una famiglia globale: ciò che riguarda uno di noi riguarda tutti, indipendentemente dalle differenze geografiche, sociali e culturali. Come Slow Food, è importante essere coscienti del fatto che una piccola azione intrapresa a livello locale può avere un impatto enorme altrove. Vorrei esortare ciascuno di noi a lavorare con lo stesso spirito di resilienza dimostrato durante la pandemia, con lo stesso senso di appartenenza e solidarietà, al fine di coinvolgere sempre più persone nelle nostre attività. Lo scopo rimane lo stesso: dar vita a un sistema alimentare che garantisca cibo buono, pulito e giusto a tutti. È questo il nostro ruolo comune, abbracciamolo con convinzione».

GUIDERÀ UN CONSIGLIO d’amministrazione formato da sette persone: Marta Messa, segretario generale, Richard McCarthy (Stati Uniti d’America), Dali Nolasco Cruz (Messico), Jorrit Kiewik (Paesi Bassi), Megumi Watanabe (Giappone), Francesco Sottile (Italia), Nina Wolff (Germania).