Mentre la prima ministra Elisabeth Borne, nominata il 16 maggio, non ha ancora concluso la composizione del nuovo esecutivo che dovrà guidare la battaglia della coalizione di Macron alle legislative del 12 e 19 giugno, la sinistra unita nella Nupes ha presentato ieri il suo programma di governo. È un accordo «sull’essenziale», raggiunto da France Insoumise, Europa-Ecologia, Ps e Pcf, articolato in otto capitoli e 650 proposte, mentre i sondaggi danno la Nupes in testa al primo turno, con il 32% dei suffragi totali (che non significa però eleggere al secondo una maggioranza di deputati, a causa del sistema maggioritario a due turni diviso in 577 circoscrizioni). Renaissance e gli alleati macronisti sono però preoccupati, al punto che la Nupes si è rivolta al Consiglio di stato per contestare il rifiuto del ministero degli Interni di considerare la coalizione di sinistra come un insieme unico e quindi addizionare i voti dei partiti alleati (la scusa è che ogni componente avrà il suo gruppo distinto, anche per quello che riguarda i finanziamenti).

«Non è un cartello elettorale» ha insistito il segretario dei socialisti Olivier Faure alla presentazione del programma, «un’unione che non è una fusione» ha precisato Jean-Luc Mélenchon, ma «un’alleanza storica» per governare, con il leader della France Insoumise candidato a primo ministro. Salario minimo a 1.500 euro, 32 ore per i lavori usuranti, diminuzione del tempo di lavoro annuale, «sradicare la povertà» con nessuno sotto la soglia di povertà, un assegno «autonomia giovani» di 1.063 euro dai 18 anni, pensione a 60 anni, «biforcazione sociale e ecologica», riduzione del 65% delle emissioni di Co2 entro il 2030, obiettivo 100% di energie rinnovabili abbinate a «sobrietà e efficacia», investimenti massicci per sanità, scuola e tutti i servizi pubblici. Accesso garantito all’università, un miliardo per combattere la violenza contro le donne, diritto alla casa, 1,5% del pil per la ricerca, rafforzamento dell’indipendenza della giustizia, fine dei procedimenti giudiziari contro i gilet gialli, legge contro il concentramento dei media, superamento della V Repubblica. Riforma fiscale, tetto all’eredità.

Su più di 600 misure, per 33 il programma registra delle divergenze, chiamate nuances, sfumature di diversità, lasciando il futuro Parlamento (o il referendum) come «arbitro»: riguardano la nazionalizzazione delle grandi banche generaliste o di Engie (energia), su cui Verdi e Ps non sono d’accordo, l’abbandono del nucleare, su cui dissente il Pcf, i socialisti non accettano il termine «violenze della polizia». Soprattutto le «sfumature» riguardano l’Europa, a cui alcuni vogliono «disobbedire» altri solo «sospendere temporaneamente» l’applicazione di regole che contraddicono le scelte nazionali: veniamo da storie diverse, spiegano, France Insoumise e Pcf sono eredi del «no» al referendum del 2005 sul Trattato costituzionale, Ps e Europa-Ecologia hanno un passato europeista. Ma tutti sono d’accordo per «riorientare» la politica europea: fine dei parametri di Maastricht, contro i trattati di libero scambio e la concorrenza «libera e non deviata», contro la libera circolazione dei capitali. L’uscita dalla Nato, difesa da Mélenchon, è per il momento sospesa, per la guerra in Ucraina.