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Sinistra e crescita, un’alleanza contro un sistema iniquo

Economia L’azione correttiva di una distribuzione sperequata di redditi e patrimoni deve fondarsi su un bilancio pubblico dotato di mezzi, orientabile alla difesa del welfare state, a progressività nella spesa, oltre che nella tassazione

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 8 maggio 2019

Il presupposto di una politica di sinistra è che l’economia cresca.

Di sinistra è una politica volta a lenire le ripercussioni che alle classi deboli della società infligge il modus operandi dell’ economia di mercato capitalistica, oggi prevalente nel mondo. Le ripercussioni più pesanti derivano da tre fondamentali tratti negativi, radicati nel sistema e che si vanno accentuando: il sistema è instabile, iniquo, inquinante. Contrastare queste negatività richiede risorse, che solo la produzione – altro che “decrescita serena” – può generare. Primario impegno di una politica di sinistra, strumentale a ogni intenzione riformatrice, o di cambiamento profondo della società, è promuovere la crescita economica.Il sistema è per sua natura orientato a esprimere lo sviluppo delle forze produttive. Ma vanno rimossi gli ostacoli che vi si frappongono. Vanno mantenuti accesi, e alimentati, i due fondamentali motori della crescita: l’accumulazione di capitale e il progresso tecnico.

Uno Stato le cui finanze si siano consolidate grazie alla crescita sperimentata dall’economia può contrastare attraverso l’aumento della spesa e/o la riduzione delle imposte i fenomeni di recessione, disoccupazione, crisi bancaria che colpiscono in modo particolare i ceti meno abbienti. Lo farà più agevolmente, con maggiore credibilità ed efficacia, rispetto a uno Stato condizionato dal bilancio deficitario e dal debito pubblico che la tendenza stagnante dell’attività produttiva provoca.

L’azione correttiva di una distribuzione sperequata di redditi e patrimoni deve pur essa fondarsi su un bilancio pubblico dotato di mezzi, orientabile alla difesa del welfare state, a progressività nella spesa, oltre che nella tassazione. Solo un’economia dinamica può dischiudere alle classi deboli le opportunità che consentono mobilità sociale dal basso. A propria volta queste stesse classi, cogliendo tali opportunità, contribuiranno al progresso dell’economia.

Il problema ambientale è contenibile se l’economia, crescendo, è in grado di sostenere gli oneri connessi con i mutamenti delle combinazioni dei fattori produttivi e della composizione del prodotto necessari ad abbattere le emissioni che riscaldano l’atmosfera e a rimuovere gli elementi che feriscono l’ambiente.

L’economia “verde” è una concreta possibilità, anche di sviluppo il futuro. Nondimeno i maggiori esperti fra gli economisti (Stern, Nordhaus, Musu, Carraro) stimano che la riallocazione delle risorse per l’ambiente richieda di non consumare e di investire per alcuni decenni circa il 2% del Pil mondiale all’anno. Grazie a Cina e India l’economia del globo nell’ultimo ventennio ha registrato un tasso di crescita non lontano dal 4% l’anno. Tuttavia, non poche economie avanzate, fra cui l’Europa, si sono situate su ritmi nettamente inferiori, persino di oltre la metà. Quindi devono crescere di più.

A queste esigenze comuni agli altri paesi, onerose da soddisfare, l’Italia ne unisce di ulteriori: messa in sicurezza di un territorio fragilissimo, riduzione dell’alta povertà assoluta, gestione dell’immigrazione, omogenea qualità dei servizi sanitari, amministrativi, di sicurezza. Ma l’economia del Paese è ferma da lustri. Attraverso tre recessioni il prodotto è inchiodato sui livelli del 2004. La produttività langue per carenza di investimenti, innovazione, progresso tecnico. Il tasso di disoccupazione supera il 10% della forza-lavoro, 20% nel Sud.

Il ritorno alla crescita dell’economia italiana dev’essere al centro della proposta della sinistra. Oltre a una meno diseguale distribuzione dei redditi postula un complesso insieme di azioni e condizioni che chiamano in causa l’esecutivo, le imprese, l’Europa: 1) Freno al debito pubblico; 2) Investimenti pubblici in infrastrutture; 3) Moderno diritto dell’economia; 4) Pressioni concorrenziali sulle imprese;5) Rinnovato impegno per il Sud; conduzione meno “teutonica”dell’economia europea.

Qualora tali azioni e condizioni continuassero a mancare, il ristagno dell’economia si aggraverebbe. Realizzate, i loro effetti positivi non sarebbero immediati, ma distribuiti nel tempo. Possono riuscire solamente se vi si porrà mano con urgenza, muovendo da una visione d’assieme, e se le imprese risponderanno.

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