«Ho difficoltà a parlare di una teoria del «gender» che non esiste – afferma Marco Silvaggi, psicologo dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma – Posso soltanto parlare di quello che sento dire».
E cosa si dice?
Che l’educazione alle differenze insegnerebbe ai bambini la masturbazione all’asilo o che devono scegliere di essere maschi o femmine, indipendentemente dal loro corpo. Ma questo non ha alcun fondamento rispetto a quanto viene fatto nelle scuole o, meglio, che dovrebbe essere fatto nelle scuole per quanto riguarda l’educazione sessuale e all’affettività. È assolutamente falsa l’idea che fare corsi alla sessualità spinga le persone ad avere esperienze sessuali più precocemente.
![Marco Silvaggi, psicologo dell'Istituto di sessuologia clinica di Roma](/cdn-cgi/image/width=576,format=auto,quality=85/https://static.ilmanifesto.it/2015/09/18/19pol1-marco-silvaggi.png)
Cosa sostengono le ricerche scientifiche?
Le persone che ricevono corsi di educazione sessuale, sulle linee guida dell’Oms, hanno una maggiore consapevolezza della loro sessualità e tendono ad esordire più tardi nel comportamento sessuale e a farlo in modo più consapevole e lontano dei rischi. Chi non la riceve è vulnerabile rispetto ai media, alla pubblicità, alla rete con i film porno quando si è più grandi. Se a cinque anni si vede un film in cui il padre decide e la madre si adegua, il bambino sta comunque ricevendo un’educazione che parla di cosa sono i diversi generi ed è probabile che si adegui a modelli che inibiscono la parità e la possibilità di una libera espressione di tutti gli esseri umani.
Uno dei temi dell’educazione alle differenze è la battaglia contro gli stereotipi. Di cosa si tratta?
L’aderenza ai modelli di genere stereotipati è in grado di favorire la violenza di genere o l’omofobia. La minore consapevolezza delle persone porta i carnefici ad agire con un messaggio che non hanno elaborato ma solo accettato e le vittime a subire questi fenomeni perché meno consapevoli dell’esistenza di una realtà diversa fondata sul rispetto della diversità.
Quale dovrebbe essere il ruolo dell’istruzione pubblica?
Dovrebbe promuovere una cultura del confronto rispetto a temi come l’identità sessuale, di genere, l’orientamento sessuale che sono purtroppo ancora argomenti misteriosi per moltissime persone. Pensare a corsi che non siano di emergenza o di repressione degli effetti generati dalla mancanza di educazione sessuale, dalle malattie sessualmente trasmesse o dalle gravidanze indesiderate tra i più giovani. Dovrebbero durare per tutto l’iter scolastico fornendo ai giovani gli strumenti per considerare la sessualità una fonte di benessere, non di disagio o pericolo. Purtroppo la mancanza di mezzi, materiali e economici e una cultura assolutamente arretrata in Italia frena la possibilità di parlare liberamente di sessualità.