Sigourney Weaver: «L’arrivo di Kamala Harris mi emoziona»
Venezia 81 Incontro con l'attrice statunitense, a cui è stato consegnato il Leone d'oro alla carriera. Al centro le donne, tra cui la possibile prima Presidente degli Stati uniti. "Siamo in prima linea, ma non veniamo riconosciute come dovremmo"
Venezia 81 Incontro con l'attrice statunitense, a cui è stato consegnato il Leone d'oro alla carriera. Al centro le donne, tra cui la possibile prima Presidente degli Stati uniti. "Siamo in prima linea, ma non veniamo riconosciute come dovremmo"
Camicia bianca, una cravatta nera su cui spicca la spilla a forma di leone, i capelli tagliati sotto alle orecchie, Sigourney Weaver è accolta da un lunghissimo applauso. Lei sorride, «litiga» un po’ con le cuffie della traduzione simultanea, nel corso della conversazione pubblica si commuove quando le dicono che è stata un riferimento per tante ragazze soprattutto col personaggio di Ellen Ripley in Alien di Ridley Scott. Le donne sono al centro del suo discorso, e ancor più oggi che Kamala Harris potrebbe diventare la prima presidente donna degli Stati uniti.
«SONO DAVVERO emozionata dall’arrivo di Kamala, e mi sembra bellissimo se il mio lavoro ha significato un cambiamento per altre generazioni di donne. La cosa più importante nel personaggio di Ripley era di non essere una donna ma una persona, una caratteristica che si ritrova in poche sceneggiature. Le donne si occupano di tante cose, la famiglia, i figli, il lavoro e non si arrendono mai perché sono coraggiose. Per i miei ruoli ho preso ispirazione da quello che vedo intorno a me. Le donne possono fare tutto perché fanno sempre tutto, sono sempre in prima linea in ogni emergenza. Però non siamo riconosciute come dovremmo, e anche il cinema ha utilizzato una piccolissima parte di questo insieme. Mi fa un po’ sorridere quando mi chiedono perché prediligo per i miei ruoli figure femminili forti, io interpreto le donne che devono essere forti sempre».
Weaver, che oggi ha settancinque anni, una delle protagoniste del cinema hollywoodiano, ha ricevuto ieri il Leone d’oro alla carriera. «Un onore grandissimo, per gli americani questo riconoscimento è molto prestigioso perché è un modo per entrare a far parte della meravigliosa storia del cinema italiano. Sono cresciuta coi film e coi registi italiani, Fellini, Antonioni, il primo film che abbiamo visto insieme ai nostri figli è stato Divorzio all’italiana. Non penso di riuscire mai a dire abbastanza quanto tutto ciò ha rappresentato nella mia formazione. Con questo premio dovrebbero mettere come clausola un film da girare con un regista italiano. Io sono disponibile».
Figlia d’arte, madre attrice, padre dirigente della Nbc – «un pioniere, ha lottato per affermare le sue idee, per me è stato di grande ispirazione». Weaver, nata Susan Alexandra – il nome Sigourney si ispira al Grande Gatsby – studi di teatro alla Yale University, «ma non pensavo di divenire attrice, avrei potuto lavorare in banca o diventare una fiorista, alla fine solo i miei genitori si sono stupiti del mio successo», nella sua carriera iniziata sui palcoscenici off di Broadway – e il teatro continua a praticarlo – e poi nella New Hollywood, e punteggiata da molti riconoscimenti, si è confrontata con molti generi, fantascienza, commedia, fantasy, da Alien a Ghostbusters a Una donna in carriera e Gorilla nella nebbia che è fra i suoi preferiti: «Avevo letto il libro, non pensavo sarebbe stato possibile girare un film e invece lo abbiamo fatto e non dimentico tutti quei cuccioli di gorilla che mi saltavano addosso e mangiavano il mio pranzo». Ha lavorato con molti registi – Peter Weir, Ridley Scott, Waler Hill, Paul Schrader per citarne alcuni – e le loro storie trovando per ciascuno dei suoi personaggi la sfumatura che lo rende indimenticabile.
PENSIAMO fra i più recenti alla Norma di Il maestro giardiniere di Schrader (presentato qui a Venezia), ricca e aristocratica signora presa da una passione inconfessabile per il suo giovane giardiniere e dalla gelosia vendicativa quando sente di perderlo con l’arrivo della nipote. «Sembra una donna forte, ma in realtà è molto vulnerabile, e quando perde il proprio potere sulla relazione diventa spietata. Ho accettato subito la proposta di Paul perché mi piaceva la sfida con un personaggio così complesso. Mi faceva pensare a Virginia Woolf».
Se deve indicare qualcuno che è stato per lei un modello non ha esitazione: Ingrid Bergman. «Ho avuto la fortuna di essere con lei in tournée quando ero un’attrice giovane e sconosciuta. Ogni sera bussavo alla porta del suo camerino chiedendole se potevo entrare. Lei rideva. Aveva una dedizione al lavoro incredibile, si era rotta un’anca e recitava sulla sedia a rotelle». Oggi come racconterebbe la sua carriera? «Sono stata fortunata. In quarantacinque anni ho potuto fare parte di progetti molto diversi, di storie di cui mi sentivo parte. Amo il mio lavoro, non ho voglia di fermarmi, ho ancora due Avatar da girare. Oggi inoltre per le donne ci sono più possibilità, non ci offrono a una certa età solo ruoli di suocere ma di persone reali come è reale il nostro pubblico».
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