Europa

«Sicurezza globale», una legge orwelliana

«Sicurezza globale», una legge orwellianaProtesta a Bayonne, nel sud-ovest della Francia contro il disegno di legge sulla sicurezza – Ap

Francia Proteste in tutto il Paese contro la nuova legge che sarà votata martedì prossimo. Nel mirino soprattutto l’articolo 24, che punisce fino a un anno di carcere e 45mila euro di multa chi diffonde immagini di poliziotti o gendarmi «con lo scopo manifesto di danneggiarne l’integrità fisica o psichica»

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 22 novembre 2020

Una grossa manifestazione “statica” al Trocadero nella capitale, più sit-in in una ventina di altre città francesi, per protestare contro la legge dal nome orwelliano «Sicurezza globale», che sarà definitivamente votata martedì 24. La protesta si concentra in particolare contro un articolo, il 24, che punisce fino a un anno di carcere e 45mila euro di multa chi diffonde immagini di poliziotti o gendarmi «con lo scopo manifesto di danneggiarne l’integrità fisica o psichica».

L’aggettivo “manifesto”, assieme alla precisazione che le limitazioni devono essere «senza pregiudizio per il diritto di informare», è stato aggiunto all’ultimo momento, prima di far passare in prima lettura l’articolo al voto dell’Assemblée nationale, venerdì sera (146 voti a favore, 24 contro) nella speranza di attenuare le critiche, che sono venute persino dalla commissione per i diritti umani dell’Onu.

Destano preoccupazione anche altri articoli, il 20, che aumenta la videosorveglianza, il 21, che legalizza il ricorso ai droni per controllare l’ordine pubblico, il 22 che moltiplica le video-camere nello spazio pubblico. Persino nella maggioranza République en Marche (Rem) e MoDem, sono stati espressi dissensi (al voto di venerdì ci sono state 5 astensioni alla Rem) sull’articolo 24, che sembra inutile visto che già la legge protegge dalla diffusione di dati personali con incitazione alla violenza.

Le manifestazioni sono state organizzate dal Sindacato dei giornalisti e dalla Lega dei diritti dell’uomo per allertare sulla limitazione del diritto di informare. La nuova legge è stata voluta dal ministro degli Interni, l’ex fedele di Sarkozy, Gérald Darmanin, che dopo aver fatto una serie di affermazioni ambigue, è stato poi costretto a rettificare per cercare di spegnere l’incendio: Darmanin è persino arrivato a proporre ai giornalisti di «avvicinarsi alle autorità», cioè accreditarsi per seguire le manifestazioni ed evitare di venire fermati se filmano le scene di violenza delle forze dell’ordine, che in Francia sono esplose con la protesta dei gilet gialli. Poi ha rettificato, affermando che la legge mira a regolamentare la diffusione selvaggia sul web di immagini ed elementi di identificazione (nome, indirizzo) dei poliziotti. Darmanin sostiene che la legge non impedisce ai giornalisti di fare il loro lavoro, ma, ancora prima che fosse votata, martedì scorso, in occasione di una prima manifestazione di protesta vicino a Palais Bourbon (sede dell’Assemblée nationale) due giornalisti sono stati fermati in occasione di tafferugli.

Sono stati i sindacati di polizia più a destra a chiedere nuove norme, più protettive per i poliziotti.

Le immagini filmate, non solo da giornalisti ma anche da militanti o semplici cittadini, sono servite negli ultimi anni a smascherare le violenze della polizia: il caso più clamoroso è quello di Alexandre Benalla, guardia del corpo di Macron, filmato travestito da poliziotto mentre aggrediva dei manifestanti in place de la Contrescarpe. Ieri, la compagna di Cédric Chouviat, ucciso dalla polizia il 5 gennaio scorso in occasione di un semplice controllo, ha ricordato al Trocadero che le immagini servono per svelare la verità.

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