«Siamo 57 milioni freelance negli Stati Uniti, il lavoro non è gratis e si paga»
Quinto Stato Storia della Freelancers Union, il più grande sindacato al mondo dei freelance che ha inventato il mutualismo del XXI secolo. Oggi organizza la lotta contro il lavoro gratis a New York. Pubblicata la seconda indagine sul lavoro indipendente negli Stati Uniti: un terzo della forza-lavoro attiva è a partita Iva, intermittente, precaria. Nell'ultimo anno 700 mila persone hanno scelto di diventare freelance
Quinto Stato Storia della Freelancers Union, il più grande sindacato al mondo dei freelance che ha inventato il mutualismo del XXI secolo. Oggi organizza la lotta contro il lavoro gratis a New York. Pubblicata la seconda indagine sul lavoro indipendente negli Stati Uniti: un terzo della forza-lavoro attiva è a partita Iva, intermittente, precaria. Nell'ultimo anno 700 mila persone hanno scelto di diventare freelance
«Siamo la forza-lavoro del futuro». Questa espressione ricorre nei discorsi di Sarah Horowitz, avvocatessa del lavoro e fondatrice nel 1995 della Freelancers Union (FU) americana, il più grande sindacato del lavoro indipendente al mondo con 272 mila iscritti. Al centro del dibattito mondiale sulle trasformazioni del lavoro, la FU è diventata in vent’anni un modello di riferimento organizzativo per chi vive e lavora al di fuori del lavoro salariato, subordinato e dipendente. Il termine «lavoro indipendente» comprende ciò che in Italia chiamiamo «partite Iva», i lavoratori monocomittenti tra microimpresa e cooperazione, a cui Horowitz aggiunge quelli a termine, a contratto, a giornata, a chiamata o part-time. La «nuova forza-lavoro» è composta da queste tipologie che animano tanto l’economia «uberizzata» (dal nome del colosso Usa di autisti freelance affittati con lo smartphone), quanto la più ampia economia della condivisione («sharing economy»).
Quando si parla di «start up» si parla di freelance, e non di imprenditori individuali. Che differenza c’è? I primi mettono il lavoro, i secondi i capitali (se li hanno). Quanti sono i freelance negli Usa? I contrattisti indipendenti e quelli temporanei – i «precari» – sono rispettivamente 19,3 milioni e 4,6; i professionisti dipendenti 13,2, chi lavora già e fa il freelance nel tempo libero 4,6, i piccoli imprenditori (2,5). Il totale fa 57 milioni di persone. Di questa nuova composizione del lavoro intermittente e precario, il «quinto stato» non organizzabile dai sindacati tradizionali e non riducibile all’impresa novecentesca, la Freelancers Union è l’espressione più avanzata al mondo. Ha creato un nuovo modello mutalistico che crea «community» tra i freelance; offre una copertura assicurativa su base mutualistica dai rischi di malattia o infortunio a chi è escluso dai Welfare tradizionale; ha creato una propria compagnia assicurativa che assicura convenzioni con i dentisti, ad esempio; offre consulenza fiscale e tutela altri aspetti della vita indipendente sulle tariffe da applicare; crea un argine alla piaga del lavoro oggi: i mancati pagamenti o i loro ritardi.
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Sergio Bologna: Freelance nella Sharing Economy: La nuova forza-lavoro è il futuro
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In questi giorni la FU è impegnata in una battaglia contro il lavoro gratuito. Con le sue grafiche aggressive, che mescolano l’iconografia del movimento operaio intrecciata alla pop-art ha attaccato i muri e la metropolitana di New York. Nella Grande Mela ci sono 1,3 milioni di freelance, impiegati nell’industria del lavoro cognitivo e in quella dei serivizi. La campagna è vibrante: il lavoro dev’essere pagato, «essere freelance non è gratis» spiega il fotografo freelance, l’avvocato in cerca di ingaggio, il designer in cerca di ispirazione, e poi il consulente, l’insegnante di yoga nell’Upper West Side, l’infermiere, gli attori e i tecnici del cinema o del teatro sulla 42esima. Il 21 settembre scorso una rappresentanza di 100 freelance è stata ricevuto da Eric Adams, presidente del City Council di Brooklin, a dimostrazione del crescente interesse riscosso dalla nuova «work force» per le istituzioni. «Più del 77% dei freelance di New York sostengono di non essere stati pagati negli ultimi 30 giorni e perdono 6400 dollari all’anno –afferma Sarah Horowitz – Quando non si pagano le persone, è una profonda offesa morale, oltre che un danno economico». Sarah ci spiega anche a cosa serve la FU in questi casi: «Agire sul City Council per ottenere una legge che permetta di creare un contratto per i freelance e un risarcimento nel caso in cui non siano pagati per oltre 30 giorni». Visto dall’Italia sembra ancora fantascienza, ma questo è il modello per organizzare i «non organizzabili».
Per avere un’idea dell’impatto del lavoro indipendente sull’economia più avanzata del pianeta bisogna studiare i numeri del secondo rapporto nazionale sui «Freelance in America» pubblicato ieri dalla FU in collaborazione con Upwork, la piattaforma più grande al mondo per offerte di lavoro a freelance. Oggi un lavoratore attivo su tre negli Usa è «freelance»: il 34%. Su 157 milioni di lavoratori (dati Bureau of Labor Statistics’), 53,7 milioni di persone hanno lavorato in maniera indipendente nel 2014. Ciò che è ancora più interessante è la crescita dell’occupazione: in un solo anno, calcola il rapporto, ben 700 mila persone sono diventate «indipendenti». È l’aumento più alto della storia recente, dovuto alla crescita registrata negli Usa nello stesso anno e in particolare alla «sharing economy»: Uber, Etsy o Airnb. La maggioranza (60%) ha lasciato il lavoro dipendente. Il 78% sostiene di avere registrato un aumento del reddito nell’ultimo anno e crede che il ciclo positivo durerà anche il prossimo. L’83% dei nati fra il 1981 e il 1997, i cosiddetti «millennials» vedono un futuro nel lavoro da freelance.
È la percentuale più alta, dopo quella dei «Baby boomers», i nati tra il 1945 e il 1964. Tra i «Moonlighters», i professionisti occupati a tempo pieno, si allarga il numero di coloro che lascerebbero l’attuale occupazione per diventare indipendenti. Il «nuovo approccio al lavoro e alla vita» di cui i freelance sarebbero per Sarah Horowitz i pionieri consiste in un atteggiamento attivo: quello di chi crea un proprio mercato, individua una nicchia e si inserisce. Diverso è l’approccio di chi lavora con lo smartphone per Uber o Amazon: il mercato lo crea l’azienda che li ingaggia e li impiega da dipendenti anche se sono a tutti gli effetti freelance. La differenza è sostanziale: i primi lavorano in autonomia, i secondi sono «parasubordinati» e potrebbero essere assunti, come sta accadendo nella classe action degli autisti Uber alla corte federale di San Francisco. In entrambi i casi, lo scenario è lo stesso: negli Usa il mercato del lavoro cresce grazie ai freelance che cercano un’identità comune partendo dal mutuo-aiuto, organizzandosi in class action o riprendendo le vecchie istituzioni del movimento operaio del XIX secolo. Il futuro viene da lontano.
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