«Avevano lavorato nei campi per anni da carcerati, sotto la supervisione di guardie a cavallo, armate di fucili, che li obbligavano a raccogliere cotone (…). Alcuni prigionieri neri consideravano la disperazione del buco (senza cibo e soffocati dal gas lacrimogeno, ndr) preferibile all’intollerabile degradazione di essere obbligati a raccogliere cotone alla fine del ventesimo secolo, nel luogo dove un tempo sorgeva una piantagione di schiavi». Nel libro edito dal New York Times basato sul progetto di Hannah Nikole Jones, The 1619 Project – su come gli odierni Stati uniti siano plasmati dall’esperienza della schiavitù – l’avvocato e attivista Bryan Stevenson racconta una prigione ancora funzionante: quella di Angola, in Louisiana. Un luogo che «consente al tempo di restare immobile», come aveva detto l’ex detenuto Curtis Ray Davis che ad Angola ha passato 25 anni, fino al 2019, per un omicidio che non aveva commesso, a lavorare in una piantagione grande quanto l’isola di Manhattan.

IERI IN 5 STATI USA – fra cui proprio la Louisiana, oltre ad Alabama, Tennessee, Oregon e Vermont – si votava non solo per il midterm ma anche dei referendum per abolire la schiavitù. Tesi cioè a rimuovere dalle costituzioni statali il linguaggio che consente la sopravvivenza della schiavitù come punizione per i carcerati, stabilendo un deroga alla «clausola d’eccezione» contenuta nel 13esimo emendamento che 157 anni fa ha liberato gli schiavi: «A eccezione che per la punizione di un crimine». Una clausola in vigore nella maggior parte del Paese, dove come denuncia un report dell’Aclu (American Civil Liberties Union) 2 su 3 persone appartenenti alla popolazione carceraria nazionale Usa di 1.2 milioni di detenuti svolge un impiego, ma lo fa in stato di schiavitù: senza paga o per pochi centesimi l’ora, senza diritti, tutele sindacali e sotto ricatto costante.

SECONDO IL REPORT, solo il 2.2% di questi moderni schiavi lavora nel settore agricolo, come ad Angola – prigione che per la sua eccezionale brutalità è protagonista anche di un documentario del 1998 di Liz Garbus – la maggioranza è impiegata nel mantenimento della prigione stessa, o per conto di compagnie private difficili da tracciare perché si servono dell’intermediazione di subappaltatori. Altri ancora svolgono lavori di pubblica utilità: i vigili del fuoco della California impiegano carcerati – fra i più pagati di tutto il Paese con un dollaro l’ora. «Anche se la schiavitù è stata abolita – ha detto alla Bbc Savannah Elridge di Abolish Slavery National Network – è stato in realtà solo un passaggio di proprietà dai privati alla schiavitù sancita dallo stato».

UN AFFARE che – riporta ancora l’Aclu – frutta 2 miliardi di dollari l’anno in beni e prodotti e 9 miliardi in servizi di manutenzione delle carceri. È semplice allora capire come anche stati che si dipingono progressisti come la California non vedano di buon occhio deroghe alla clausola d’eccezione: quest’estate un progetto di legge in tal senso ha fallito nel parlamento statale dopo che gli stessi democratici, governatore Gavin Newsom in testa, hanno fatto notare che retribuire i detenuti con la paga minima dello stato (15 dollari) sarebbe costato più di 1.5 miliardi allo stato.

L’abolizione della servitù involontaria sancita dal 13esimo emendamento, secondo molti costituzionalisti Usa, dovrebbe essere anche alla base del diritto delle donne all’aborto – un altro tema su cui gli elettori di 5 stati Usa si sono espressi ieri insieme al voto per Camera e Senato. In tre casi – California, Michigan, Vermont – si tratta di stabilire se il diritto all’aborto debba essere sancito dalla costituzione dello stato. Ma Kentucky e Montana, senza curarsi della sonora sconfitta di una simile iniziativa in uno stato conservatore come il Kansas, puntano invece ad approfittare della sentenza della Corte suprema che abolisce il diritto all’Ivg a livello federale. In Kentucky – dove un sondaggio di fine ottobre ha registrato un 59% di consensi per l’aborto legale – si vuole emendare la costituzione locale per rimuovere le protezioni a questo diritto, in Montana si cerca di obbligare i lavoratori sanitari a «salvare la vita» dei feti abortiti.

IL REFERENDUM del Michigan stava quasi per non andare in porto: una corte aveva accolto la causa intentata da dei gruppi di destra che in assenza d’altro hanno attaccato le parole scritte troppo vicine sul quesito posto agli elettori. «Un triste segno dei tempi» secondo la giudice Bridget M. McCormack della Corte suprema del Michigan, che ha infine dato via libera al referendum. «Avrebbero privato dei propri diritti milioni di cittadini che hanno firmato la proposta non perché credessero che erano confusi da come è stata posta, ma perché hanno trovato un tecnicismo che glielo consentiva».

ALLE URNE IERI anche dei referendum proprio sul diritto di voto: 5 stati (Nevada, Ohio, Louisiana, Arizona, Nebraska) li vogliono comprimere, in due casi perfino vietando ai non cittadini di votare alle elezioni locali. Due stati progressisti (Connecticut e Michigan) li vogliono ampliare e tutelare, incentivando il voto anticipato e vietando intimidazioni e interferenze alle urne.
Infine, 5 stati tradizionalmente conservatori votano per legalizzare la marijuana: Arkansas, Maryland, Missouri e le due Dakote.