«Anas è in fin di vita. Solo un miracolo può salvarlo, ci hanno detto i medici. Dovesse farcela, rimarrà paralizzato». Jawad Abdel Fattah ieri descriveva così le condizioni di suo figlio ferito due giorni fa a Nablus dagli spari dei reparti antisommossa dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) chiamati a reprimere le proteste popolari seguite all’arresto di due membri di Hamas, tra cui Musab Ashtayah vicecomandante a Nablus delle Brigate Ezzedin al Qassam.

Anas è stato raggiunto da due proiettili: il primo ha colpito un rene, il fegato e la colonna vertebrale; il secondo la mano destra. Dolore e rabbia agitano i famigliari del giovane ferito. Anas è finito nel mirino non di soldati israeliani ma di altri palestinesi, è stato colpito da quelle forze che, nell’idea di chi vive da decenni sotto occupazione, dovrebbero essere i primi protettori della popolazione.

«Le forze dell’Anp erano sul lato opposto della Rotonda dei Martiri quando Anas è stato raggiunto da proiettili sparati proprio verso di lui, non erano vaganti», ha spiegato il padre. Una versione confermata da testimoni che negano la presenza di combattenti armati in quella zona al momento del ferimento.

Dopo gli scontri duri di lunedì notte e martedì che hanno causato un morto – Firas Yaish, 53 anni, un passante – e una quarantina di feriti, a Nablus è tornata una calma precaria. La città ieri stentava a riprendere la sua routine. Appariva come il terreno di una lunga battaglia urbana con barricate improvvisate e cassonetti rovesciati nelle strade oltre a copertoni bruciati, pietre e candelotti lacrimogeni sparati dalla polizia.

L’Anp e i gruppi armati, incluse le Brigate di Al Aqsa vicine al partito Fatah, hanno concordato una tregua che ha messo fine, per ora, alle violenze interne più gravi dalla repressione a Ramallah delle proteste del 2021 seguite alla morte, dopo l’arresto, di Nizar Banat, un attivista che aveva ripetutamente criticato le politiche dell’Anp e del suo presidente Abu Mazen.

Ma gli scontri potrebbero riprendere in qualsiasi momento perché non è certo se l’intelligence libererà, come chiedono tutti i partiti e le organizzazioni armate di Nablus, Musab Ashtayah portato lunedì notte nella prigione di massima sicurezza di Gerico.

I rappresentanti delle forze di sicurezza, secondo ciò che si è saputo, avrebbero anche promesso di non arrestare altri ricercati da Israele ma solo coloro che violeranno la legge palestinese.

Pochi però credono a queste assicurazioni. La popolazione da anni chiede all’Anp di cessare la collaborazione con l’intelligence israeliana in Cisgiordania ma il presidente Abu Mazen non ha mai ordinato di interromperla.

Proprio in quest’ultimo periodo l’esercito israeliano ha ammonito che se non saranno fermati e arrestati dall’Anp i palestinesi sulla sua lista di ricercati, continuerà le incursioni a Jenin, Nablus e in altri centri abitati cisgiordani – più intense dopo gli attentati della scorsa primavera a Tel Aviv e in altre città israeliane, con 19 morti – che negli ultimi mesi hanno ucciso almeno 90 palestinesi, tra cui molti combattenti armati ma anche civili innocenti.

I margini di manovra sul terreno dell’Anp e di Abu Mazen – che in queste ore difficili si trova negli Usa dove oggi leggerà il suo discorso annuale di fronte alle Nazioni unite – si sono ulteriormente ristretti.

La battaglia di Nablus, città palestinese tra le più grandi ed importanti, ha evidenziato un profondo disincanto nei confronti dell’Anp a causa dei suoi legami di sicurezza con Israele e anche perché ritenuta corrotta. Pesa anche l’annullamento lo scorso anno delle elezioni politiche: Abu Mazen e Fatah temevano di perderle a favore degli islamisti di Hamas che continuano a guadagnare consensi in Cisgiordania.

Gli analisti avvertono che la rivolta di martedì potrebbe essere il preludio di una sollevazione più ampia contro la leadership dell’Anp. In parziale controtendenza, Hamada Jaber, del Centro di ricerche statistiche di Ramallah, pur confermando, a suo giudizio, la «perdita di ogni legittimità dell’Anp», ritiene che la leadership palestinese sia ancora sufficientemente stabile. «Sino a quando Abu Mazen sarà al comando è difficile credere che l’Anp possa collassare».

Ma, ha aggiunto, «diversa sarà la situazione quando il presidente, molto anziano e malato, uscirà dalla scena politica. In quel caso prevedo proteste e rivolte popolari contro l’Anp tali da metterne in gioco l’esistenza e una battaglia ai vertici politici per la conquista del potere».