L’avvenimento che più di ogni altro ha caratterizzato e scosso l’immaginario giapponese durante il 2022 è stato senza dubbio l’uccisione, lo scorso otto luglio, dell’ex primo ministro Shinzo Abe. Non solo per la tragica eccezionalità del fatto in sé – gli assassinii politici si sono verificati nella storia giapponese solo in maniera sporadica – ma anche perché ha scoperchiato i legami tra certe aree politiche del Sol Levante e la cosiddetta Chiesa dell’Unificazione, una pseudo setta religiosa fondata in Corea del Sud nel 1954. La motivazione del gesto di Tetsuya Yamagami, colui che ha sparato due colpi di pistola a Abe, era quella infatti di scagliarsi, come forma di vendetta, contro la setta religiosa e i suoi legami con molti politici giapponesi. Il gruppo religioso, attirando al suo interno la madre, che ha donato la quasi totalità dei suoi beni alla setta, aveva di fatto contribuito a distruggere la famiglia Yamagami.

Masao Adachi
In un mondo in cui sembra che il capitale abbia un controllo assoluto, dovremmo cogliere ciò che in noi stessi eccede da questo paesaggio-copia Quasi a chiudere il cerchio aperto lo scorso luglio, il 24 dicembre ha debuttato in alcuni cinema dell’arcipelago Revolution +1, film con cui il regista, ex membro della Nihon Sekigun (Japanese Red Army) Masao Adachi, ricostruisce alcuni passaggi cruciali della vita del quarantaduenne Yamagami fino al fatidico giorno dell’assassinio. Una prima e breve versione del film era già stata presentata in alcune sale giapponesi alcuni mesi fa, il 27 settembre per essere precisi, lo stesso giorno in cui si tenne il funerale di stato per Abe: una sorta di protesta quindi. Invece, la versione proiettata ora nelle sale è quella definitiva, lunga un’ora e quindici minuti.

Soran Tamoto e Masao Adachi sul set

Girato in sole due settimane e con un budget limitato, Revolution + 1 si collega alle opere giovanili di Adachi e alle collaborazioni con Koji Wakamatsu ai tempi dei pink eiga (film erotici con una visione politica), quando i fatti di cronaca erano spesso usati dai due all’interno dei lavori. Ma è anche un ritorno, seppur non dal punto di vista estetico, a A.K.A Serial Killer con cui Adachi e collaboratori riflettevano sulla vita di un altro assassino, Norio Nagayama.

IL FILM è stato scritto da Jun’ichi Inoue, già membro della Wakamatsu Production, mentre la parte del protagonista è stata interpretata con coraggio, viste le critiche che già sono piovute sul lungometraggio, da Soran Tamoto. Revolution +1 inizia con le immagini catturate da telefonini o videocamere amatoriali dei due spari che hanno ucciso Abe, dopodiché inizia a raccontare alcuni dei fatti più importanti della vita di Yamagami. Dal suicidio del padre, alla povertà che la famiglia ha dovuto subire in seguito, quando la madre ha cominciato a donare enormi somme di denaro alla Chiesa dell’Unificazione. Dall’impossibilità per il ragazzo di frequentare l’università per ragioni economiche, al suicidio del fratello maggiore, fatto che ha contribuito a distruggere definitivamente la famiglia. Da questo punto in poi la vita di Yamagami, che nel frattempo tenta lui stesso di suicidarsi, si concentra, almeno secondo il film, prevalentemente sulla vendetta e sulla costruzione dell’arma da fuoco che userà per sparare. L’odio verso il gruppo religioso si sposta infine verso i politici giapponesi che supportano apertamente la Chiesa dell’Unificazione e specialmente verso la figura di Abe, che Yamagami disprezza anche in quanto privilegiato fin dall’infanzia, trascorsa tra i lussi e all’ombra del nonno Nobusuke Kishi, criminale di guerra e poi importante uomo politico.

LA SOLITUDINE, la miseria e le difficoltà psicologiche del protagonista si riflettono nel tono visivo usato nel rappresentare il mondo di Yamagami, colori scialbi e sprazzi di delirio, dolorosi e quasi mai poetici, che ne sottolineano la disperazione, il tutto accentuato dalle stridenti musiche di Yoshihide Otomo. L’aspetto del film resta quello di un lavoro a bassissimo costo, con alcune interessanti scelte visive e con interpretazioni anch’esse molto essenziali e «povere», tanto per scelta che per necessità. Si distinguono alcuni passaggi quasi surreali, fra cui il bellissimo finale, che non era presente nella versione precedente e che è probabilmente ispirato, come altri film di Adachi, agli scritti di Auguste Blanqui e al suo libro L’Eternità attraverso gli astri.
Il film sarà probabilmente presentato in qualche importante festival internazionale nei primi mesi del 2023, la speranza è che venga riconosciuto e giudicato per quel che è, un film fortemente politico e quasi situazionista. Ciò che conta in questo caso cioè, è il contesto, il fatto che il film esista e che sia stato distribuito pochi mesi dopo l’assassinio, e soprattutto che si tratta di un lavoro che cerca di denunciare e mettere in luce la come la vita di una persona e della sua famiglia sia stata distrutta da un culto religioso e dall’affiliazione ad esso di un politico importante e del suo partito.