Sfruttamento di petrolio e gas, ma la chiamano cooperazione
Gli interessi oltre la retorica In missione in Mozambico, Congo, Algeria e Libia, in alcuni casi anche accompagnata da Eni, la premier ha stretto relazioni strategiche in ambito energetico, privilegiando le fonti fossili rispetto alle rinnovabili
Gli interessi oltre la retorica In missione in Mozambico, Congo, Algeria e Libia, in alcuni casi anche accompagnata da Eni, la premier ha stretto relazioni strategiche in ambito energetico, privilegiando le fonti fossili rispetto alle rinnovabili
Le parole petrolio e gas non si trovano nel testo del «Piano Mattei», cioè il decreto in conversione alla Camera, eppure l’energia è al centro dell’idea e della retorica di cooperazione che l’Italia governata da Giorgia Meloni disegna per i Paesi africani. Nel corso del 2023, infatti, quand’è stata in missione in Mozambico, in Congo, in Algeria e in Libia, in alcuni casi anche accompagnata da Eni, lo ha fatto per stringere relazioni strategiche in ambito energetico, privilegiando le fonti fossili rispetto alle rinnovabili.
E se Meloni afferma che «la cooperazione nulla ha a che fare con un approccio paternalistico, nulla ha a che fare con un approccio predatorio che a volte abbiamo visto mascherato da cooperazione» (lo ha detto in Congo, nell’ottobre dello scorso anno), la realtà parla di accordi commerciali sottoscritti con l’onnipresente Eni «per l’importazione di gas naturale liquefatto» in quest’inverno, anche se – rassicura Meloni – «parliamo di esportazioni verso l’Italia che riguardano il solo esubero di gas non necessario alla popolazione locale».
OLTRE OGNI RETORICA, Meloni – che parla di export di gas e petrolio come fiore all’occhiello della cooperazione italiana – aggiunge: «L’energia è un elemento fondamentale di questa cooperazione, mette insieme oggi due interessi, la necessità dell’Europa che si trova in difficoltà sulle risorse energetiche e la possibilità per l’Africa di produrre quelle risorse energetiche. Non è più una cooperazione che si fa in modo transitorio, vuol dire legare i propri destini in un legame lungo e reciprocamente vantaggioso».
C’è un ma: in Mozambico, sempre a metà ottobre, dietro la cortina di fumo del Piano Mattei Meloni ha affermato «siamo d’accordo con il presidente nel ritenere che i giacimenti scoperti al largo delle coste settentrionali siano una enorme opportunità per lo sviluppo di questa nazione e anche per rafforzare i nostri rapporti». Eppure, il think tank Ecco, che si occupa di transizione energetica, ha spiegato che per il Paese africano la crescita economica e l’industrializzazione legate alla scoperta del gas non si sono verificate, il debito è triplicato dal primo giacimento e schizzato al 91% nel 2021, mentre il tasso di povertà e di disuguaglianza sono aumentati e il nord del Paese è precipitato in un violento conflitto.
QUASI UN ANNO PRIMA della visita di Meloni, il 13 novembre 2022 il primo carico di gas naturale liquefatto prodotto dal giacimento Coral, nelle acque ultra-profonde del bacino di Rovuma, è partito dall’impianto Coral Sul Floating Liquefied Natural Gas (Flng) diretto in Italia. Lo riporta in un comunicato stampa Eni. È la beneficiaria di quel gas, che – a partire dalla scoperta di enormi giacimenti da parte di compagnie petrolifere internazionali tra il 2010 e 2014 – è il faro che porta i governi a visitare il Paese africano. In Mozambico, però, il sostegno internazionale complessivo per i progetti di energia rinnovabile è di 230 milioni di dollari (al 2021), appena un sesto del volume di finanziamenti pubblici erogati al solo progetto Mozambico Lng.
DI CHE COOPERAZIONE PARLIAMO? Meloni in giro per l’Africa cita i progetti di Eni, come la scuola Enrico Mattei a Pointe-Noire, in Congo, che si concentra ovviamente sull’educazione e la formazione, racconta un modello di cooperazione da pari a pari, «un modello di cooperazione nel quale si riesce a legare i propri destini a crescere insieme», ma poi la realtà è un’altra: «l’Europa ha un problema di approvvigionamento energetico, l’Africa è potenzialmente un enorme produttore di energia, di qualsiasi tipo di energia. Le due cose, dal nostro punto di vista, se messe insieme, possono costruire un futuro di cooperazione diverso tra i nostri continenti».
È COSÌ CHE QUANDO VA IN LIBIA, in compagnia dell’ad di Eni Descalzi, Meloni ricorda come «grazie al gasdotto Green Stream», che collega Mellitah, a circa 80 chilometri ad ovest di Tripoli, alla costa italiana di Gela, in Sicilia, i due Paesi condividono «uno strumento fondamentale per favorire il processo di diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico».
Un legame suggellato nel 2023 da un nuovo accordo tra Eni e Noc, la compagnia di Stato libica, «un passaggio molto importante, storico nella lunga e proficua collaborazione tra Italia e Libia». Ecco perché in aula, ieri, c’è chi ha parlato dell’ormai «famigerato Piano Mattei» come di «un’operazione neocolonialista e predatoria in piena regola».
Eleonora Evi, deputata di Alleanza Verdi e Sinistra della commissione Attività produttive, ha criticato in modo aspro la legge: «Non sono infatti indicati nel testo né gli Stati in cui si intende operare, le priorità, le finalità e nemmeno gli obiettivi. Esattamente di cosa si tratta non è chiaro. Ma da quel poco che si capisce l’intenzione si coglie piuttosto bene. Le dichiarazioni della presidente Meloni e dell’amministratore delegato di Eni non lasciano dubbi: estrarre tutto il gas fossile possibile e immaginabile, portarlo in Italia dove nel frattempo saremo diventati l’hub del gas, secondo i piani scellerati di questo governo».
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