Due giorni fa il Consiglio superiore per l’uguaglianza – l’Haut Conseil à l’Égalité (HCE) – ha presentato il suo quinto rapporto annuale sullo stato del sessismo in Francia. Una situazione «allarmante», che segnala in particolare l’aumento dei casi di violenza, il persistere di stereotipi sessisti e il radicamento del pensiero maschilista.
In ordine alla legge sull’uguaglianza e la cittadinanza del 27 gennaio 2017, dal 2019 l’HCE è incaricato di redigere dei rapporti annuali sul radicamento del sessismo nel paese. Oggi verranno rimessi ufficialmente al Primo Ministro e al Ministro per la Parità tra donne e uomini, la diversità e le pari opportunità i recentissimi risultati del «Barometro del sessismo» condotto dall’Istituto Viavoice su un campione rappresentativo della popolazione. Si tratta di 2.500 uomini e donne, superiori ai 15 anni d’età, interrogati e interrogate sulla loro percezione del fenomeno e sulle situazioni vissute.

IL QUADRO PRESENTATO è preoccupante, perché nonostante gli «innegabili progressi in termini di diritti delle donne» nella società francese il sessismo non sta affatto diminuendo. Al contrario, secondo i dati «alcune delle sue manifestazioni più violente si stanno aggravando», soprattutto nei giovani tra i 25 e i 34 anni. Nonostante la constatazione che nuovi mezzi siano stati messi in atto e che nuovi dispositivi abbiano permesso avanzamenti importanti, la prima pagina del rapporto termina con un riscontro grave. Cinque anni dopo il #MeToo, considerato uno spartiacque importante nel processo di liberazione della parola delle donne, il sessismo impera in tutti gli ambiti: «le donne sono ancora trattate in modo diseguale rispetto agli uomini e sono ancora vittime di atti e commenti sessisti in proporzioni significative. In effetti, il numero e la gravità di questi atti sono in aumento, nella sfera pubblica, professionale, privata e digitale».

Il 2022 ha rappresentato infatti l’anno di riemersione di un movimento reazionario e la ripresa di una «guerra fredda contro le donne», quella di cui parlava la scrittrice e giornalista statunitense Susan Faludi nel suo libro intitolato Contrattacco. La guerra non dichiarata contro le donne (Dalai, 1992).
Le misure messe in atto dalle autorità pubbliche sono considerate inefficaci e insufficienti «per rispondere ad una situazione che si sta aggravando con la comparsa di nuovi fenomeni». A livello internazionale, si segnala preoccupazione generalizzata per l’arretramento in tema di diritti umani delle donne, compresi i diritti sessuali e riproduttivi. Sono citati Iran, Afghanistan, Stati Uniti, Polonia, Ungheria e anche l’Italia.
L’introduzione al rapporto si conclude con un decalogo in cui sono stilate le raccomandazioni per un piano d’urgenza di lotta contro il sessismo, ad anticipare tutte le discriminazioni e il corteggio di diseguaglianze di cui renderanno conto le quaranta pagine del rapporto stesso.

LA CONSAPEVOLEZZA che il sessismo sia una realtà vissuta quotidianamente dalle donne sembra essere un assunto. Tuttavia, se questa realtà è ormai riconosciuta, le denunce per violenza sessista e sessuale continuano ad aumentare, dando prova del paradosso tra consapevolezza ed esperienza.
I due nuclei principali del rapporto si fondano da una parte sulla constatazione della recrudescenza della violenza fisica e sessuale, dall’altra dall’esposizione di quelle discriminazioni considerate usuranti. La violenza fisica, sessuale e psicologica si riscontra in proporzioni allarmanti, aggettivo che ritorna a più riprese nel rapporto. Il 37% delle donne francesi intervistate dichiara di aver già vissuto una situazione di non consenso e il 14% di aver subito un «atto sessuale imposto», cioè una violenza sessuale o uno stupro.

TRA IL 2020 E IL 2021, il numero di vittime di violenza domestica è aumentato del 21% (143 morti violente nel 2021). Secondo il rapporto, per sottrarsi a situazioni considerate pericolose le donne adottano i cosiddetti comportamenti di anticipazione di atti o commenti sessisti e quindi di preclusione preventiva.
Usurante è il mondo professionale, in cui la disuguaglianza tra uomini e donne persiste e aumenta, insieme al numero di donne che svolgono lavori precari «in condizioni di lavoro degradate e orari atipici». Il 37% delle intervistate ha dichiarato di aver subito discriminazioni sessiste nelle proprie scelte lavorative.
Usurante è anche l’evidenza della tenacia con cui pregiudizi sulla «mascolinità» persistono tra i giovani uomini – ad esempio nell’esercizio della violenza come prova di virilità ma anche nell’esibizione dell’antifemminismo, che prospera sulle reti sociali. Il cyberstalking e il cybersessismo, agiti e subiti come veri e propri raid maschilisti, sono infatti la cartina di tornasole di uno spettro in cui continuano a prosperare la violenza di genere e l’odio misogino.