Sessismo d’origine e stampa: la violenza è «inaspettata»
Femminismi Tre femminicidi in 24 ore e per l’informazione nostrana la violenza maschile sulle donne passa sempre come «caso di cronaca nera»
Femminismi Tre femminicidi in 24 ore e per l’informazione nostrana la violenza maschile sulle donne passa sempre come «caso di cronaca nera»
All’attenzione del Dipartimento per le Pari Opportunità. A Cologno uccisa una ventenne dall’ex fidanzato, a Pozzuoli un marito ha ucciso la moglie davanti ai figli e si è tolto la vita. A Rovereto una donna è stata uccisa con un’accetta dal suo affittuario. Tre femminicidi in 24 ore e per l’informazione nostrana la violenza maschile sulle donne passa sempre come «caso di cronaca nera».
Non una parola in più, un piccolo cenno di stupore o di sgomento di fronte a uomini che uccidono donne con cui hanno avuto rapporti intimi, non una domanda sull’annodamento perverso tra quello che abbiamo chiamato finora amore e un potere maschile di vita e di morte. È evidente che l’ignoranza, il pregiudizio, il retaggio di un sessismo più o meno consapevole, fanno da sbarramento ad analisi, approfondite e necessarie, di una violenza che porta il segno di un potere sul corpo della donna legittimato da secoli di patriarcato, e sempre pronto a riaffermarsi quando le donne non sono più quel corpo «a disposizione».
Posso solo ripetere quello che vado dicendo da anni sull’omertoso silenzio della politica e dell’informazione sul persistente sessismo dominante.
Bisogna andare alla radice, a quella che io chiamo violenza d’origine – la differenziazione che ha diviso e contrapposto maschio e femmina, identificando le donne con la maternità, l’uomo col pensiero e la storia. Si tratta di un fenomeno che attraversa i secoli, anche se assume forme diverse a seconda del momento e del contesto storico. Il sessismo è un fenomeno «strutturale», si dice ormai da più parti, ma non si entra nel merito di quale ne siano origine e ricadute nella vita delle persone e nelle istituzioni pubbliche.
Difficile mettervi un argine, quando, a partire dalla classe politica, non viene avanzata qualsiasi ipotesi di cambiamento. Basti pensare alla levata di scudi contro il Ddl Zan, osteggiato anche a colpi di fake news, che alla fine lo ha fatto naufragare. Negli ultimi anni in Italia c’è stato un ritorno in forza dei valori tradizionali: la famiglia, la maternità, la patria. Non ci stiamo interrogando sul perché abbiano così tanto consenso. Nel senso comune è radicata purtroppo l’idea della «normalità» della gerarchia e della violenza nel rapporto tra i sessi. Tutto questo andrebbe affrontato a partire dalla scuola e dall’educazione, tenendo conto di quello che ereditiamo inconsciamente dal passato. Quando sentiamo dire «era un uomo mite», sì, può essere. Ma quando si rompe l’equilibrio rispetto a ciò che quell’uomo mite riteneva «normale», esplode una violenza che appare sempre «inaspettata».
Ma una parte importante potrebbe avere sicuramente l’informazione, se di fronte a un fenomeno sempre più allarmante, si ricordasse della cultura di un movimento di donne che da oltre un secolo lo analizza e cerca di farvi fronte con pratiche capaci di vedere i legami tra sessualità e politica, tra un dominio, come quello maschile che interessa le istituzioni ma che si annida anche nell’«oscurità dei corpi».
Il “silenzio stampa” crea la peggiore delle assuefazioni, quella che induce a chiudere gli occhi su una violenza barbarica mascherata dagli affetti più intimi. Difficile non vedervi una, sia pure inconsapevole e involontaria, complicità con ciò di cui, a parole, si afferma di voler combattere.
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