Tra attentati ed esplosioni, in Afghanistan tira una brutta aria. Ma il ministro della Difesa dell’Emirato islamico, mullah Yaqub, incontrando ieri a Abu Dhabi il rappresentante speciale degli Usa Thomas West, assicura che «l’Afghanistan è sicuro per tutti».

IERI PERÒ A MAZAR-E-SHARIF, capoluogo della provincia settentrionale di Balkh, un’esplosione ha colpito un bus che trasportava i lavoratori del settore petrolifero diretti ad Hairatan, al posto di confine con l’Uzbekistan. 7 i morti “ufficiali”. Per i testimoni, il bilancio è più grave. Incerto il bilancio dell’esplosione di ieri a Jalalabad, capoluogo della provincia orientale di Nangarhar, nel mercato per lo scambio di valute. Il 3 dicembre, un altro attentato ha colpito un altro centro commerciale della città: almeno 6 i feriti. Tra i negozi danneggiati, quello di Gul Charan, l’unico esponente della comunità sikh ancora residente a Jalalabad. Il 30 novembre, decine di feriti alla madrasa Al-Jihad di Aybak, capoluogo della provincia settentrionale di Samangan.

MA SONO DI VENERDÌ 2 dicembre gli attentati più esplicitamente “politici”. Obiettivo del primo era il leader dell’Hezb-e-Islami, Gulbuddin Hekmatyar, anche noto come il macellaio di Kabul: conduceva la preghiera nella moschea “Iman”, nell’area Darulaman di Kabul, quando due attentatori sono stati neutralizzati sulla soglia. L’altro mirava al Chargé d’affaires dell’ambasciata del Pakistan a Kabul, Ubaid-ur-Rehman Nizamani, rimasto illeso – al contrario di una guardia – quando da un edificio non lontano dalla sede diplomatica sono partiti colpi d’arma da fuoco, prolungati.

Un altro brutto colpo alla credibilità dell’Emirato islamico, la cui intelligence si trova costretta a inseguire – corsi e ricorsi della storia – gli attentatori. Inclusi quelli che il 5 settembre hanno attaccato l’ambasciata russa a Kabul, causando almeno 6 morti. Allora il ministro degli Esteri, Amir Khan Muttaqi, rassicurava: «Garantiamo la sicurezza delle sedi diplomatiche». Ma il 2 dicembre è finita sotto tiro quella pachistana. Secondo il portavoce dell’Emirato, Zabihullah Mujahedin, sarebbero già stati arrestati due uomini, tra i responsabili.

MA SULL’ATTENTATO non c’è chiarezza: è stato rivendicato dalla “Provincia del Khorasan”, branca locale dello Stato islamico. Molti guardavano invece al TTP, il Tehreek-e-Taliban Pakistan, il gruppo dei Talebani pachistani che, proprio a fine novembre, ha annunciato la fine della tregua con il governo di Islamabad. Favorita anche dai Talebani afghani – specie la rete degli Haqqani -, tra alti e bassi la tregua ha retto abbastanza. Tanto che lo scorso giugno è stata annunciata una tregua ulteriore, «indefinita». Che non ha però risolto i nodi politici di fondo, tra cui il rilascio dei jihadisti dalle carceri governative, il ritiro dei soldati di Islamabad dalle ex aree tribali, nel nord-ovest, l’adozione di un «vero» sistema islamico nel Paese. E non ha risolto neanche i tanti problemi tra Islamabad e Kabul, che sfociano spesso in sparatorie al confine.

AL DI LÀ DELLA RETORICA, non vanno bene i rapporti neanche sul confine opposto, occidentale: Khalil Rahman Haqqani, ministro per i Rifugiati, si è detto sicuro che alcuni afghani rifugiati in Iran siano stati reclutati e spediti a combattere in Siria, Iraq, forse in Ucraina.

Intanto, la Bbc ieri ha annunciato la lista delle 100 donne più influenti del 2022. Tra loro, due afghane: una è Zahra Joya, attivista e giornalista, fondatrice nell’inverno del 2020 dell’agenzia di stampa femminile e femminista Rukhshana Media, il cui nome ricorda quello di una 19enne della provincia di Ghor, uccisa a pietrate nel 2015 perché voleva evitare un matrimonio combinato. Dall’agosto del 2021, Zahra Joya vive a Londra.

È ANCORA A KABUL invece la seconda afghana nella lista. Fatima Amiri è una delle studentesse sopravvissute all’attentato che il 30 settembre ha colpito il centro educativo Kaaj, a Dasht-e-Barchi, quartiere sud-occidentale di Kabul simbolo della minoranza sciita degli hazara. Circa 60 le vittime. Decine i feriti. Inclusa lei, Fatima Amiri, che ha perso un occhio e subito altri danni. Senza darsi per vinta. A ottobre, ha superato con successo l’esame di ammissione all’università: ora vuole studiare computer science all’Università di Kabul.