Principale interesse di Sergej Lebedev è il racconto del presente, attraverso il rimosso del passato: la sua è una visione politica che alimenta una ricerca espressiva complessa. Dopo Il confine dell’oblio (2018), titolo notevole, che metteva in scena i fantasmi dell’età staliniana e Gente d’agosto (2022), che rievocava immagini drammatiche dei cambiamenti degli anni Ottanta, Keller manda ora in libreria il terzo titolo Il veleno perfetto (nella vivace traduzione di Rosa Mauro, pp. 272, € 18,00; nel frattempo Castelvecchi ha pubblicato Nostalgia e autoritarismo).

Al centro della vicenda, un mondo di scienziati che creano strumenti di morte per un credo politico, dando corpo alle loro personali ossessioni. Raccontando come un thriller la ricerca della tossicità nella storia del suo paese, Lebedev porta in scena veleni, armi biologiche e batteriologiche, di cui le cronache riportano gli effetti devastanti. Mentre si affida ai medici per curare una malattia che gli lascia poco da vivere, il chimico Kalitin passa il tempo cercando nei giornali le tracce delle sue letali creazioni.

Lebedev è magistrale nella descrizione del microcosmo concentrazionario del laboratorio, luogo apparentemente immutabile, eppure squassato all’improvviso dai venti della Storia. Il veleno diventa metafora del segreto che opprime la vita in ogni suo aspetto, mentre il potere cerca di rinnovare le sue strategie di controllo, incrementando il suo maniacale esercizio di spionaggio.