Dopo settimane di negoziazione è uscita dal Senato Usa la proposta di riforma dell’immigrazione per far fronte all’emergenza sul confine. Il disegno, negoziato da senatori repubblicani e democratici, prevede il blocco automatico delle accoglienze qualora le entrate quotidiane raggiungessero le 5.000, in una media settimanale (le domande di asilo tornerebbero ad essere accolte dopo un numero di giorni sotto questa soglia). La legge renderebbe inoltre più spedita la valutazione delle richieste. Oltre alle misure di immigrazione, il pacchetto prevede l’autorizzazione degli aiuti richiesti da Biden per Ucraina ed Israele (più di 10 miliardi di dollari in forniture umanitarie – anche se allo stato attuale gli Usa hanno bloccato ogni assistenza ai civili colpiti dalle bombe americane che piovono su Gaza).

IL DISEGNO è frutto di una rara mediazione fra le parti su una questione di solito abbandonata a retorica e demagogia, e proprio per questo avrà grandi difficoltà nell’ottenere i voti necessari alla Camera a maggioranza repubblicana.
Il 2023 ha registrato un record sul confine meridionale con oltre 2 milioni di arrivi negli Stati uniti. L’anno ha sancito anche la trasformazione dalla storica immigrazione economica – prevalentemente lavoratori messicani e centro americani – alla fiumana di profughi globali, più simile dunque al fenomeno che interessa l’Europa ed in generale l’Occidente a fronte dell’epocale flusso di rifugiati da guerre e degrado.

I repubblicani hanno addossato la responsabilità a Biden per aver rimosso la deportazione automatica e la separazione delle famiglie intraprese da Trump. In realtà il fenomeno ha radici ben più complesse e nell’emisfero americano è legato a doppio filo all’azione storica Usa nel «cortile di casa».

LE ELEZIONI di ieri in El Salvador sono servite da promemoria paradigmatico in questo senso. In quel paese, negli anni 80, il governo Reagan ha sostenuto il regime autoritario macchiatosi di efferati crimini alla radice di un’ondata di profughi proprio verso gli Usa. Nel degrado urbano molti emigrati hanno formato bande giovanili come la famigerata Mara Salvatrucha. Negli anni 90 migliaia di giovani delinquenti sono stati rimpatriati in El Salvador dove hanno dato vita alla criminalità che destabilizzato il paese, spianando la strada alla democratura securitaria di Nayib Bukele.

Wandhierry, arrivato da Bahia, Brasile dopo un viaggio di 12 giorni via terra, aspetta di presentare domanda d’asilo nell’accampamento di fortuna di Jacumba, in California. Foto di Luca Celada

Alle responsabilità dirette si aggiungono le dinamiche geopolitiche del capitale che fanno oggi le veci dell’imperialismo coloniale. Queste erano ben rappresentate in un accampamento a ridosso del muro di confine dove siamo passati domenica scorsa. In un radura sul ciglio dell’autostrada nei pressi del paesino di Jacumba, in California, un centinaio di richiedenti asilo erano affollati attorno ai falò accesi per ripararsi dal freddo del deserto e dei mille metri. Da mesi questo spiazzo è usato dalle autorità per “parcheggiare” i nuovi arrivati senza riparo o viveri, a volte per diversi giorni. All’addiaccio c’erano uomini, donne e bambini anche neonati, in attesa di chiedere protezione dallo sfruttamento e la violenza nei rispettivi paesi. Nell’accampamento di fortuna di parlava urdu, spagnolo, cinese, portoghese, russo e pashtun. Ed era in vista dell’autostrada dove quel giorno passava il convoglio dei “patrioti” trumpisti per la chiusura del confine – emblematico di come la questione alterni drammatica crisi umanitaria, oblio e sceneggiata sovranista.

CON L’OPPOSIZIONE di Trump che agisce da presidente-ombra il decreto sembra destinato al fallimento ed a passare alla storia come una legge ipocrita, deformata dalle pressioni elettorali. Per ottenere i finanziamenti delle sue guerre Biden acconsentirebbe a degradare il diritto di asilo, e ad applicare molte delle restrizioni chieste dai conservatori. Rafforzerebbe inoltre i poteri presidenziali che erediterebbe anche il suo eventuale successore – compreso un Trump se fosse vittorioso a novembre. La disposizione principale – la chiusura “automatica” del confine a seconda dei numeri superati – delegherebbe le decisioni umanitarie ad un algoritmo assolutorio.
Da canto suo Trump chiede che i suoi serrino i ranghi per non concedere un vantaggio elettorale al rivale, rivendicando il copyright esclusivo sul pugno di ferro. In buona sostanza una abdicazione bipartisan di qualunque approccio etico ad un problema “insolubile” ma che meriterebbe ben altro impegno ed onestà. E ben altra umanità.