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Sem Terra brasiliani, 25 anni fa il massacro peggiore. Oggi studio, resistenza e alberi da piantare

Sem Terra brasiliani, 25 anni fa il massacro peggiore. Oggi studio, resistenza e alberi da piantareBrasilia, 2014, al congresso del Movimento Sem Terra – Ap

Brasile Il 17 aprile 1996 la pagina più sanguinosa della guerra scatenata dai latifondisti contro le lotte dei contadini brasiliani

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 17 aprile 2021

25 anni dopo, il ricordo della strage di Eldorado do Carajás, la pagina più terribile della guerra dei latifondisti contro il Movimento dei senza terra, è ancora dolorosamente vivo.

È IL 17 APRILE 1996 quando, al km 95 dell’autostrada PA-150, si scatena l’inferno contro i militanti del Mst, colpevoli di voler negoziare l’insediamento nelle terre improduttive della fazenda Macaxeira. Incaricata dal segretario della sicurezza pubblica del Pará, Paulo Sette Câmara, di sbloccare l’autostrada a qualsiasi costo, la polizia militare non se lo fa ripetere due volte. E spara: contro chi tenta di fuggire, contro chi giace a terra ferito, contro i bambini.

Il 18enne Oziel Alves Pereira prova a parlare con il comandante per fermare la carneficina, ma viene trascinato per i capelli e violentemente bastonato. Gli dicono di gridare «Viva il Mst!» e ogni volta che lui grida lo prendono a calci e pugni. Lo uccidono lentamente.

Al termine dell’operazione, i morti risultano 19, ma altri due si sarebbero presto aggiunti alla lista in seguito alle ferite riportate. E diversi altri sono costretti a convivere con lesioni permanenti. È nel nome di tutti loro che, per iniziativa di Via Campesina Internazionale, il 17 aprile viene proclamato come Giornata mondiale di lotta contadina.

UN QUARTO DI SECOLO DOPO quel massacro, in uno dei momenti più oscuri della storia del Brasile, la memoria si intreccia alla resistenza del movimento, impegnato nella costruzione di un fronte popolare sulla base di un’agenda comune: vaccino per tutti, difesa del sistema di salute pubblico, dell’occupazione e di un’alimentazione sana, sussidio di emergenza, lotta alle privatizzazioni, patrimoniale. E, naturalmente, «fuori Bolsonaro», la condizione senza la quale non è possibile salvare il Brasile dal baratro in cui è precipitato.

DECISO A RIAFFERMARE «la centralità della lotta in difesa della terra per garantire dignità alla classe lavoratrice», il Mst non si è lasciato fermare neppure dalla pandemia, durante la quale si è ovunque attivato nella distribuzione di alimenti biologici, prodotti di igiene e libri, assistendo le persone più indifese con i medici del movimento formati a Cuba.

«Stiamo resistendo, studiando, lottando e lavorando», dichiarano i senza terra, evidenziando l’importanza della loro campagna “Piantare alberi, produrre alimenti sani”, mirata a piantare 100 milioni di alberi in 10 anni, e dei loro sforzi per ricostruire la scuola Eduardo Galeano, distrutta dalla polizia militare durante il violento sgombero, lo scorso agosto, di una parte dello storico accampamento Quilombo Grande in Minas Gerais, noto nel paese per la sua produzione agroecologica. c.f.

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