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Sei Nazioni, sipario sull’Italia più dimessa di sempre

Sei Nazioni, sipario sull’Italia più dimessa di sempreI giocatori dell'Inghilterra

Rugby Si chiude il torneo. A Cardiff finisce 67-14 per il Galles una partita senza storia. L'Italia più dimessa di sempre viene travolta al Sei nazioni. Inghilterra, che ha giocato in serata, favorita per i Grande Slam

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 20 marzo 2016

Triste y final è quest’ultima giornata del Sei Nazioni. Con l’Italia più dimessa dell’ultimo ventennio che è salite a Cardiff per affrontare un Galles battuto lo scorso sabato dagli arci-rivali inglesi ma comunque tanto più forte della squadra azzurra. E con un’Inghilterra che scende in campo a Parigi con il titolo già in tasca e uno sguardo desiderante al grande slam. Irlanda e Scozia completano il tabellone di questo turno conclusivo.

Gli inglesi si sono già aggiudicati la Calcutta Cup (la sfida a due con la Scozia) e la Triple Crown (il trofeo che va alla squadra britannica che sconfigge le altre tre home unions), trofei che qualcuno potrebbe considerare “di contorno” ma che fanno invece parte della storia del rugby. Lo Slam manca invece loro dal 2003, l’anno del titolo mondiale, ed è l’unico che il XV della Rosa abbia conquistato da che il torneo si disputa con 6 squadre.

Sempre in tema di statistiche, le sedici edizioni del Sei Nazioni fin qui disputate sono state vinte cinque volte dalla Francia, quattro volte da Galles e Inghilterra, tre dall’Irlanda. Inoltre francesi e gallesi hanno fatto 3 Grandi Slam, uno Irlanda e Inghilterra. Il cucchiaio di legno (il trofeo virtuale che va alla squadra che finisce ultima in classifica) è andato 10 volte all’Italia (undici se si calcola l’edizione in corso), 4 alla Scozia, una volta a Francia e Galles. Ben cinque volte gli azzurri hanno perso tutte le partite in calendario (whitewash).

A Cardiff finisce 67-14 per il Galles,una partita senza storia.

Triste y final, dicevamo. Mai intorno alla nazionale si è respirata un’aria tanto modesta. Dopo la disfatta di sabato scorso a Dublino la crisi del rugby azzurro è apparsa in tutta evidenza.

L’Italia si è trovata ad affrontare il Sei Nazioni con parco giocatori del tutto inadatto al livello tecnico che il più antico torneo del mondo richiede: una trentina di atleti, molti dei quali esordienti assoluti, alcuni provenienti dal semiprofessionismo del campionato di Eccellenza. Il verdetto sul campo è stato impietoso e tutti hanno dovuto prendene atto: il gap tra il nostro rugby e quello delle cinque più forti realtà europee è aumentato e molti cominciano a chiedersi se l’Italia sia ancora superiore a nazioni come la Georgia o la Romania. Non è in discussione la partecipazione italiana al Sei Nazioni quanto la consistenza di un movimento sportivo che alla prova dei fatti non riesce mai a compiere dei veri salti di qualità.

E’ crisi. Oggi (DMax, 15.30) l’Italia si presenta al Principality Stadium con un unico obbiettivo: evitare l’umiliazione per mano gallese. E con alle spalle una settimana di fuoco, aperta lunedì con un’intervista dai toni piuttosto pesanti rilasciata dal presidente federale, Alfredo Gavazzi. “Conor O’Shea? Non sarà lui il prossimo allenatore della squadra” è una delle frasi pronunciate da Gavazzi. Eppure, prima che tutto precipitasse, i contatti con l’irlandese c’erano stati e un accordo verbale di massima era stato raggiunto.  Poi Gavazzi ha puntato il dito contro i giocatori del giro della nazionale che scelgono di militare all’estero rinunciando a militare nelle due franchigie, Zebre e Treviso, e parole particolarmente dure e sgradevoli per Leonardo Sarto; infine l’annuncio che il meccanismo dei premi-partita sarà riveduto.

All’intervista di Gavazzi sono seguite polemiche e controaccuse. Il presidente federale è stato accusato dall’editore Dalai di “trattare il denaro della Fir come fosse cosa propria”, e di comportamenti opachi nella vicenda delle Zebre, ex franchigia federale ora passata i mani private e delle cui azioni Gavazzi detiene una quota che si aggirerebbe intorno al 2 per cento. La risposta di Gavazzi: “Lo denuncerò per diffamazione”.

Questo è dunque il clima alla vigilia dell’ultimo match contro il Galles. Contro la squadra seconda in classifica l’Italia si presenta con cinque cambi rispetto alla formazione che ha perso con l’Irlanda. La lista degli infortunati si è ancora allungata (Padovani, Fuser, Biagi, Campagnaro e Cittadini) e Jacques Brunel, alla sua ultima partita sulla panchina azzurra, si è visto costretto a cambiare ancora.

Giocano: Odiete; Sarto, Pratichetti, Garcia, Bellini; Allan, Palazzani; Parisse, Zanni, Minto; Bernabò, Geldenhuys; Castrogiovanni, Giazzon, Lovotti.

La seconda partita della giornata è Irlanda-Scozia (Dmax, 18.00). Gli scozzesi sono terzi in classifica (4 punti), gli irlandesi penultimi (3). Si gioca a Dublino e il fattore campo conta, ma la Scozia sembra attualmente più lanciata dei suoi avversari: la squadra di Vern Cotter ha ritrovato gioco e continuità e sabato scorso ha battuto la Francia.

Si chiude con “le Crunch”, la sfida storica tra Francia e Inghilterra (Dmax, 21.00).

Il torneo dei francesi (due sole vittorie) è stato deludente più per i risultati che per il gioco espresso e la voglia di fare un dispetto ai “cari nemici”, negando loro il Grande Slam, è forte. Dall’altra parte c’è un’Inghilterra lanciatissima, una squadra che sotto la guida di Eddie Jones ha ritrovato equilibrio tra i reparti mettendo insieme esperienza e talento e che ora può riscattare l’umiliazione dello scorso autunno, quando fu eliminata al primo turno nel mondiale organizzato in casa coppa del mondo . E’ comunque favorita ma il match si annuncia ricco di interesse e promette emozioni.

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