Internazionale

Sei deputati di Milei in visita ai torturatori della dittatura

La foto dei deputati del partito di Milei nel carcere dove sono detenuti gli ufficiali della dittatura militareI deputati del partito di Milei in carcere con gli ufficiali della dittatura militare

Argentina L’obiettivo è far uscire dal carcere gli assassini della dittatura militare. L'ira delle opposizioni: vanno espulsi dal parlamento

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 8 agosto 2024

Tutti in posa per lo scatto, deputati di «La libertad avanza» di Milei e genocidi della dittatura militare. È la foto dello scandalo, quella della visita – oggetto di una denuncia penale – alla Unidad 31 del carcere di Ezeiza realizzata da sei deputati con un obiettivo specifico: cercare il modo di far tornare a casa quanti sono stati condannati per aver sequestrato, torturato, assassinato, fatto sparire e sottratto figli alle vittime.

Dall’ultima fila sorride Alfredo Astiz, lo stesso che ad Alicia Milia, sequestrata e condotta alla Esma il 28 maggio del ’77, parlava dei vantaggi dei voli della morte: «Da quell’altezza l’acqua si trasforma in una lastra d’acciaio e l’impatto stesso sfracella i corpi. E quello che resta se lo mangiano le orche».

VICINO A LUI si trova Raúl Guglielminetti, membro del famigerato Battaglione di intelligence 601, che avrebbe consegnato al deputato Beltrán Benedit, l’organizzatore dell’incontro, un documento con «idee per gli arresti domiciliari», secondo quanto è riuscita a osservare la deputata Rocío Bonacci, l’unica che non ha voluto farsi immortalare nella foto di gruppo con repressori.

Compaiono invece nello scatto sia Antonio Pernías, uno dei criminali della Esma, che Marcelo Cinto Courtaux, membro dell’intelligence dell’esercito, il cui figlio è stato consigliere della vicepresidente Victoria Villarruel quando era ancora una deputata.

Non è stata questa l’unica visita. Come ha dimostrato il quotidiano Página 12, già il 15 marzo Benedit e Alida Ferreyra Ugalde avevano incontrato i genocidi della Unidad 34 di Campo de Mayo – un carcere vip per criminali in uniforme, con celle spaziose e campi da tennis -, tra i quali trascorre non troppo spiacevolmente il suo tempo anche Christian Federico Von Wernich, cappellano della polizia di Buenos Aires condannato all’ergastolo per l’assassinio di sette persone e per più di 40 sequestri.

Una settimana prima, il ministro della difesa Luis Petri aveva inviato nello stesso carcere due suoi funzionari, il sottosegretario Guillermo Madero e il direttore nazionale per i Diritti umani Lucas Erbes, i quali si sarebbero portati via la bozza di un decreto per la prescrizione dei crimini commessi durante gli anni della dittatura, in aperta contraddizione con l’attuale giurisprudenza.

Per il governo, tuttavia, c’è anche un piano B: quello della concessione degli arresti domiciliari, come chiedono a gran voce la ministra della sicurezza Patricia Bullrich e il ministro della giustizia Mariano Cúneo Libarona, secondo il quale i macellai della dittatura meriterebbero di «morire tenendo per mano la moglie». «Stiamo calpestando il criterio della dignità umana e questo si traduce non in giustizia ma in vendetta», ha spiegato il ministro.

E PAZIENZA se, come ha spiegato il procuratore Miguel Palazzani, in prigione siano rimasti ben pochi – l’80% è già ai domiciliari – e nessuno con più di 90 anni o con malattie in fase terminale, come invece è convinta Bullrich.

Dure reazioni sono venute dalla coalizione progressista «Unión por la patria», che chiede non solo una commissione di inchiesta sulla visita, ma anche l’espulsione dei sei deputati. E a dar loro ragione è anche la madre di Piazza di Maggio Taty Almeida: «Questi sei individui non possono continuare a rappresentare il popolo».

Che il clima sia grave lo dimostra, del resto, anche l’assassinio avvenuto sabato di Susana Beatriz Montoya, vedova di un desaparecido della dittatura e madre di un militante di Hijos di Córdoba: «Vi uccideremo tutti. Adesso andiamo a prendere i tuoi figli», era scritto su una delle pareti della casa.

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