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Milei approva il veto su pensioni e università

Buenos Aires, studenti in protesta davanti al Congresso Rodrigo Abd/ApBuenos Aires, studenti in protesta davanti al Congresso – Rodrigo Abd/Ap

Argentina, crolla l'economia Gli atenei in rivolta: «Misura senza precedenti nella storia del nostro Paese»

Pubblicato 19 minuti faEdizione del 11 ottobre 2024

Gli «eroi» – Milei dixit – sono tornati, e non sono né giovani né belli. Sono 84 e, tra tanti esponenti della cosiddetta «opposizione amichevole», si incontra persino qualche peronista. Sono tre in meno degli affossatori della riforma pensionistica sostenuta dall’opposizione – premiati per il loro «eroismo» con un barbecue nella residenza ufficiale del presidente ad Olivos – ma sono bastati a scongiurare la maggioranza dei due terzi necessaria a respingere il veto posto da Milei alla legge sul finanziamento universitario. E anche per questa seconda impresa il presidente li ricompenserà con un ricevimento.

Si trattava del secondo veto presidenziale in un mese – ormai ci ha preso gusto –, dopo quello sull’aumento delle pensioni, stavolta diretto a impedire la crescita degli stanziamenti di bilancio per gli atenei pubblici e per i salari del personale docente e non docente, il 70% dei quali si trova al di sotto della soglia della povertà.

INASCOLTATO – anche da parte dei 27 deputati che hanno deciso di affossare l’università pubblica malgrado è da lì che siano usciti – è stato l’appello del rettore dell’Università di Buenos Aires (Uba) Ricardo Gelpi, il quale, prima della votazione, si era rivolto ai parlamentari per ricordare loro «la sempre più grave situazione del sistema universitario» argentino: «Siamo arrivati a un punto che non ha precedenti nella storia democratica del nostro paese e, di questo passo, l’intero sistema cesserà di esistere come lo conosciamo». Un appello tanto più drammatico a fronte dell’esiguo costo fiscale che, secondo l’Ufficio del bilancio del Congresso, avrebbe comportato per il paese la legge sul finanziamento universitario, pari allo 0,14%.

Come avvenuto nel caso dei pensionati, il voto ha tuttavia un costo assai salato: la crescita, potenzialmente esponenziale, del conflitto sociale, attraverso un’ondata di occupazioni di facoltà in tutto il paese, innescata da quelle solitamente più combattive, Lettere e Filosofia e Psicologia, e uno sciopero in tutte le università, da Córdoba a Rosario, da Mar del Plata a Tucumán. Una protesta già iniziata con le marce federali in difesa dell’università pubblica del 23 aprile e del 2 ottobre e proseguita con la manifestazione di mercoledì di fronte al Congresso – accolta da un imponente dispiegamento poliziesco e dalla solita repressione -, e che qualcuno inizia a chiamare “estudiantazo”, con quel suffisso “azo” con cui sono state definite tutte le principali rivolte sociali nel paese.

«PENSATE di aver riportato una vittoria, ma in realtà avete perso», ha non a caso dichiarato in un discorso molto critico nei confronti del governo il pur moderatissimo Miguel Àngel Pichetto: «È inevitabile che abbiate perso, come avete perso anche con un settore così rilevante per la società argentina come quello dei pensionati». E poi l’affondo più duro: «Qual è il vostro programma? Siete un treno che non arriva in nessuna stazione, una società anonima di distruzione di massa del poco che resta di un certo livello di welfare. Un’impresa di demolizione».

E MENTRE, secondo la Banca Mondiale, l’economia argentina registrerà quest’anno una contrazione del 3,5%, seconda solo a quella di Haiti, il tasso di approvazione per il governo Milei è in calo da almeno sei mesi, tra 1 e 1,5 punti al mese. In base a un sondaggio condotto dalla società di consulenza Zuban-Córdoba, è già il 57,3% degli intervistati a esprimere disapprovazione per l’azione del governo. Come evidenzia l’economista Alfredo Serrano Mancilla, l’anti-mileismo si è ormai affermato «come prima identità politica in Argentina».

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