Egregio Presidente della Repubblica, Signor Sergio Mattarella

in questa domenica di Pasqua senza pace sul mare, noi, un gruppo di “naviganti accorati” italiani, ci rivolgiamo una seconda volta a Lei,commossi e indignati da un ulteriore mancato soccorso italiano, questa volta al “gommone di Zawyia”,  in acque internazionali a Sud della Sicilia, con un bilancio di 60 morti di sete in lenta agonia. Torniamo a scriverle dopo averle già lanciato un appello  dal quotidiano dei vescovi italiani Avvenire il 3 marzo dello scorso anno  per chiederLe di stimolare una riflessione nel Paese sulla opportunità di tre azioni urgenti:

1) MODIFICA della “legge dei porti lontani” e delle norme disumane attinenti (Gazzetta Ufficiale N. 52, 2.3.2023)

2) DUE INCHIESTE giudiziaria e parlamentare, sul mancato soccorso a Steccato di Cutro, il 26 febbraio 2023

3) RIPARAZIONE nei media dei danni alla reputazione dell’Italia causati dall’inazione e dalle improvvide dichiarazioni dei governanti.

Dal giorno del mancato soccorso a Steccato di Cutro (26.3.2023), la marineria italiana subisce ingiustamente il discredito nell’opinione e nei media del mondo. Altrettanto discredito subisce lo Stato italiano. Chi allora, se non il Capo dello Stato, può alzare la sua voce?

Oggi Le rinnoviamo, ancor più accoratamente, queste nostre tre richieste non esaudite e le chiediamo:

Alle navi umanitarie che hanno raccolto naufraghi a Sud dell’Italia lo Stato italiano  non ordini più di raggiungere “porti lontani” più di mille chilometri e molte giornate di navigazione (es. La Spezia)!

Anche le navi umanitarie siano autorizzate a sbarcare i naufraghi “nel porto sicuro più vicino”, come dettano le norme internazionali e la coscienza della gente di mare, e come fanno meritoriamente le navi dello Stato!

In caso di accertati reati, le navi umanitarie siano eventualmente perseguite – ma non perseguitate!

 

8 anni e 3 milioni di euro sperperati contro la nave Juventa

Le navi umanitarie non siano più bloccate, sequestrate, processate, multate, come accade oggi, con accuse che nei tribunali si rivelano infondate, come nei casi delle navi Ocean Viking, Sea Watch, Humanity.

E‘ scandaloso, per esempio, il  maxi-processo alla nave umanitaria Juventa, per la quale la stessa accusa ha richiesto l’archiviazione, dopo 8 anni di udienze, 30 000 pagine, 3 milioni di euro di spese, il sequestro e la rovina della nave e, soprattutto, la perdita al soccorso di più di 2000 giornate-nave ( www.bit.ly/3viSU2n  Quante vite si sarebbero salvate con quelle 2000 giornate in soccorso e quei 3 milioni di soldi dello Stato?

 

Una lenta agonia di 60 naufraghi in acque internazionali

Le scriviamo di nuovo, Signor Presidente, colpiti dal crudele naufragio del “gommone di Zawyia”: tra il 7 e il  13 di marzo: 60 persone, tra le quali donne e un bambino, sono morte in lenta agonia, senza l’intervento di alcun marinaio dello Stato italiano.

I soli 25 superstiti sono stati raccolti in gravissime condizioni il 13 marzo in acque internazionali al largo della Libia dalla nave Ocean Viking di SOS Mediterranee in collaborazione con la Federazione Internazionale della Croce e Mezzaluna Rossa (FIRC). A questa nave lo Stato ha ordinato di navigare fino ad Ancona, distante più di mille chilometri e molti giorni di navigazione. Solo dopo insistenze, 23 superstiti sono stati sbarcati a Catania. Due giovani erano stati evacuati dalla Ocean Viking in gravissime condizioni, e uno di loro è morto in ospedale,

Tuttavia alla Ocean Viking lo Stato ha di nuovo ordinato di portare gli altri 336 superstiti raccolti in salvataggi multipli (molti in condizioni gravi, 32 i minori non accompagnati) fino alla lontanissima Ancona, raggiunta il 18 marzo. Di conseguenza la nave è stata sottratta alle attività di soccorso per una decina di giorni. Il 9 marzo il servizio Alarmphone aveva avvisato le autorità del paventato naufragio del “ gommone di Zawyia”. Secondo testimonianze, i naufraghi chiesero aiuto, alcune unità navali e aeree e diverse autorità statuali li hanno probabilmente percepiti. Ma nessun marinaio dello Stato è intervenuto.

La “politica dei porti lontani” e l‘accanimento dello Stato contro le navi umanitarie hanno reso indisponibili centinaia di giorni-nave nel solo ultimo anno.  Quante vite è costata questa politica disumana?

Signor Presidente, Le chiediamo rispettosamente di stimolare la riflessione sulla necessità di porre fine a questa “politica dei porti lontani” e della persecuzione delle navi umanitarie.

Essa danneggia gravemente non solo le persone in pericolo in mare ma anche la reputazione internazionale della marineria italiana e dello Stato. La memoria dell’eroico capitano di marina Todaro ( bit.ly/43ttnAg ), Salvatore di nome e di fatto (bit.ly/4a5vlcu), e la buona nomea di “Italiani brava gente“ ne sono sfregiate.

Il mondo si chiede: dove erano i marinai italiani degni di questo nome, nei giorni di questo ennesimo naufragio?

Lo Stato e i cittadini italiani non sono così disumani come questo governo li fa  sembrare!

La ringraziamo per la Sua attenzione, e La salutiamo con stima e affetto

 

 

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I “naviganti accorati”:

Marco Francesco Morosini (docente), i navigatori Giovanni Soldini, Vittorio Malingri,  Ambrogio Beccaria, Antonio Solero; Vittorio Alessandro (Ammiraglio, Guardia costiera), Gregorio De Falco (ex  Senatore), Pietro Riso (armatore di pesca, Lampedusa), Giuseppe Notarbartolo di Sciara (oceanografo), Gerolamo Malingri (cineasta di mare), Marco Diena (cardiochirurgo)