Seattle: in kayak contro la Shell
Stati uniti A Elliot Bay, Seattle, migliaia di piccole imbarcazioni hanno protestato contro il progetto della multinazionale anglo- olandese per un’invasiva estrazione di petrolio al largo delle coste americane dell’Alaska
Stati uniti A Elliot Bay, Seattle, migliaia di piccole imbarcazioni hanno protestato contro il progetto della multinazionale anglo- olandese per un’invasiva estrazione di petrolio al largo delle coste americane dell’Alaska
Il 16 maggio, a Elliot Bay, Seattle, si è tenuta una manifestazione dall’impatto teatrale e simbolico creativo e clamoroso, per impedire il progetto di un’invasiva estrazione di petrolio nell’oceano Artico, al largo delle coste dell’Alaska.
La protesta si è svolta proprio in acqua; quando l’amministrazione americana ha approvato il piano del colosso energetico Shell, intenzionato a perforare le acque artiche dell’Alaska, nonostante l’evidenza di rischi per la sua comunità, la fauna selvatica ed il clima, le organizzazioni ambientaliste hanno deciso di far sentire platealmente la propria voce. Così, una flottiglia composta da centinaia di persone a bordo di piccole imbarcazioni e di kayak hanno circondato la zona, formando una barriera natante, bloccando le entrate dove si trova la prima delle due piattaforme petrolifere che questa estate si dirigeranno verso le acque al largo dell’Alaska, il Terminal 5.
A metà dell’opera
I programmi della compagnia anglo olandese Shell sono quelli di ispezionare la costa settentrionale dell’Alaska, in quanto le risorse della zona artica potrebbero essere importanti per recuperare un bacino di fornitura petrolifera. Al momento la Shell è a metà dell’opera, avendo ottenuto da parte del dipartimento degli affari interni, un riconoscimento condizionato per cominciare la parte esplorativa; per iniziare le estrazioni di petrolio, invece, è in attesa del permesso dello stesso Stato dell’Alaska e del governo federale. Questo genere di iniziative di forte impatto ambientale non sono molto popolari in America, negli ultimi anni.
Altre battaglie
Nello Stato di New York era stata programmata un’operazione di fracking, cioè di estrazione tramite «fratturazione» idraulica, un processo per attingere riserve di gas naturali che utilizza un getto ad alta pressione di acqua, sabbia e sostanze chimiche. Le associazioni di ambientalisti e attivisti si sono opposte dal primo momento a questo tipo di iniziativa, si sono susseguite manifestazioni ed appelli da parte di cittadini e personaggi pubblici e alla fine il governatore Cuomo si è visto costretto ad ascoltare questa voce di dissenso, tutt’altro che flebile.
«Abbassiamo il tono emotivo e chiediamo agli esperti qualificati», aveva detto Cuomo, e quando questi hanno dichiarato una carenza di studi in materia di sicurezza a lungo termine riguardo la «fratturazione» idraulica, e che i potenziali impatti di questa operazione, sia sulla salute che sull’ambiente, sarebbero troppo grandi per consentire il fracking, a fine dicembre 2014 l’operazione è stata sospesa. Vittoria per gli ambientalisti e grande ritorno di immagine per l’amministrazione Cuomo.
La posta in gioco
Ora, lo Stato dell’Alaska non sarà forse così progressista e sensibile alle tematiche ambientali, ma il vicino Stato di Washington, dove si trova Seattle, di sicuro lo è, quanto meno lo sono i suoi abitanti. La pittoresca, efficace e non ignorabile manifestazione contro le intenzioni della Shell, è stata effettuata in acqua con il supporto di altre centinaia di persone che, dalla terraferma, hanno dato supporto, scandendo slogan e brandendo cartelli. E la storia non finisce qui.
Sono ora in programma altre iniziative di disobbedienza civile e pacifiche. La posta in gioco per la Shell è molto alta; fino ad ora ha speso quasi 6 miliardi di dollari per l’esplorazione dell’Artico finalizzata al reperimento di risorse. Questa regione nasconde nelle sue acque circa il 20% di gas e petrolio ancora da scoprire: sarebbe un fantastico bacino da sfruttare. Per chi in quelle zone ci vive, invece, l’estrazione e lo sfruttamento di petrolio e gas rappresentano una catastrofe ambientale annunciata.
«L’unico luogo sicuro per questi carburanti inquinanti e sporchi, è sotto terra», ripetono manifestanti e ambientalisti che da anni continuano a rimarcare che la chiave di volta sarebbe investire in energie alternative.
Costa ovest
Per il movimento ambientalista americano, per tutte le anime che lo compongono, la soluzione c’è ed è pragmatica: non un ripiegamento luddistico, quanto una serie di investimenti economici sulle energie alternative. Un semplice cambio di business.
Questo tema è sentito in modo particolare sulle due coste, e ancora di più nella costa ovest, dove si trova Seattle, così lontana geograficamente e ideologicamente dalle ragioni di Stato di Washington Dc. L’ambiente, il cibo, le risorse naturali, l’attenzione e il rispetto per la terra, sono temi popolari negli Stati uniti liberal di questo millennio e sempre più sentiti anche in Stati meno sensibili e progressisti. Caratteristiche che possono essere cavalcate anche economicamente, creando un quadro con due vincitori: da un lato i residenti che non vogliono vivere condizioni di pericolo per la salute, né vedere devastato il luogo in cui vivono, dall’altro investitori e multinazionali che possono arricchirsi, senza distruggere il pianeta e la vita di chi lo abita.
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