Ho trovato molto interessante la dichiarazione di Silvio Berlusconi alla recente presentazione (se non ricordo male) di un libro di Bruno Vespa: e cioè che, qualora le prossime elezioni, come del resto è altamente probabile, non consentissero a nessuno di formare un governo, il Governo Gentiloni dovrebbe rimanere in carica fino alle elezioni successive, da fissare entro tre mesi.

Poiché, oltretutto, è altamente improbabile che nelle condizioni date il termine di tre mesi venga rispettato, è come dire che il Governo Gentiloni potrebbe pensare fin d’ora, con il beneplacito di una delle principali forze di opposizione, di durare almeno fino all’autunno dell’anno prossimo.

Chapeau, il lungimirante uomo di Stato, che s’appella Silvio Berlusconi, si tiene aperte due strade (la politica dei «due forni» di andreottiana memoria): se il gruppo di centro-destra alle elezioni del prossimo 4 marzo raggiunge da solo la maggioranza per governare, lui va al governo da posizioni di estrema forza; se questo non accade, si tiene aperte le porte, mediante l’allungamento del Governo Gentiloni, per un’alleanza con Matteo Renzi, resa necessaria dal precipitare altrimenti tragico della situazione.

Poiché non c’è ombra di dubbio, io penso, che Berlusconi preferisca di gran lunga la seconda soluzione, non abbiamo da aspettare per vedere che fine farà tra qualche mese il Governo Gentiloni, beneficiario, per ora, della manovra Berlusconi-Renzi.

La manovra Berlusconi-Renzi? Ma che c’entra Renzi? Senza avanzare ipotesi troppo azzardate, limitiamoci a constatare che l’aria del Nazareno non ha mai smesso di soffiare sui lidi italiani nel corso degli ultimi anni. Come si potrebbe non prendere atto del fatto che l’alleanza Berlusconi-Renzi è la più “naturale” nel campo politico italiano?

Manifesto il mio stupore perché il gruppo dirigente del Pd, gli iscritti a quel partito, non abbiano preso atto ancora di questo dato di fatto.

Per giunta, come se non bastasse in termini di strategia politica e di etica politica, a partire dalla cocciuta persuasione che la linea giusta consistesse nello spostare verso destra l’asse e il modo d’essere del Partito democratico, «Mister Catastrofe» ha inanellato una serie impressionante di sconfitte: la colossale trombatura del Grande Referendum; una politica sociale che sempre più toglie ai poveri e agli indigenti per darlo ai ricchi e ai potenti; un assetto interno sempre più fondato sull’autorità indiscussa del leader; una legge elettorale che sconfina oltre i limiti della demenza. Il caso Boschi, e altri, più o meno rivelati, fanno da condimento al contesto.

Ma soprattutto, – soprattutto – ha reso sempre più impossibile la prospettiva di una politica di centro-sinistra, l’unica che in Italia, negli attuali rapporti di forza, sociali e umani, garantisce una valenza accettabile di rapporti economici, sociali e umani.

L’ho già detto altre volte; ma voglio ribadirlo in questa specifica occasione, che non è quella del voto. Non esiste altra prospettiva in Italia per la sinistra (scusate il giro di parole) al di fuori del centro-sinistra, e questo valeva non solo per la sinistra, ma anche per il Pd, checché Renzi ne pensi e disponga. Avevano ragione Pisapia e altri nel rivendicare la giustezza di questa linea; ma avevano torto marcio nel pensare (e proporre) che questo si potesse realizzare lavorando d’accordo con Matteo Renzi, che di questa linea è stato ed è il principale nemico. Quel che è giusto, è giusto pretenderlo e invocarlo; ma solo se i suoi nemici vengono spazzati via dalla lotta politica e dal voto.

Questo discorso resterebbe puramente ipotetico, – e dunque velleitario -, se nel frattempo a sinistra del Pd e in dissenso con quella linea, non si fosse realizzato il movimento di forze e d’interessi, che ha preso il nome e le forme del raggruppamento «Liberi e Uguali».

La cosa va salutata con grande consenso e uguale aspettativa.

Come ho avuto avuto occasione già di dire altre volte, in tale processo generativo la forza degli apparati risulta per ora prevalente su quella dei movimenti e della società civile.

Diversamente da altri, ho una certa esperienza di movimenti. Dico perciò che, nelle condizioni italiane attuali, non era possibile fare altrimenti.

Nelle condizioni date, – ripeto: nelle condizioni date, – è necessario che un minimo di strategia scenda dall’alto.

Anche la presenza ai vertici del movimento, di due personalità di alto rilievo politico-istituzionale come Pietro Grasso e Laura Boldrini, io, diversamente da altri, anche interni all’esperimento, la considero in questo senso positiva. Sono una garanzia per il dibattito interno e di autorevolezza (indispensabile) verso l’esterno.

Naturalmente, penso che le cose non dovrebbero, non possono, restare così: una parte rilevante dell’impegno del nuovo raggruppamento dovrebbe essere dedicata a tessere un nuovo rapporto tra politica e società, tra professionisti di mestiere e partecipanti attivi e responsabili: a partire dalla individuazione delle nuove candidature.

Nella prospettiva della campagna elettorale e del dopo voto c’è un punto su cui non dovrebbero esserci più dall’inizio né ambiguità né incertezze.

Bisognerà dire da subito, e ripetere a ogni passaggio della campagna elettorale, che, quale sia l’esito del voto, «Liberi e Uguali» non instaureranno nessun tipo di dialogo e di confronto con il cosiddetto Movimento 5Stelle.

Questo è un punto di principio da chiarire e da riaffermare. Berlusconi, i leghisti, i parafascisti di Fratelli d’Italia sono i nemici storici del movimento operaio.

Ma il nemico attuale, più insidioso e avvolgente di quelli, è il populismo 5Stelle, proiettato a realizzare un’egemonia fondata sul potere incondizionato del duo Grillo-Casaleggio, affiancati ora, ma non per finta, dall’impareggiabile Di Maio.

Per dirla più chiaramente: se è vero e giusto quello che siamo andati argomentando in precedenza, – come sembrerebbe fuori discussione a giudicare oltretutto da una serie di testimonianze autorevoli, – allora quest’ultima è la conditio sine qua non, la quadratura del cerchio, per una forza autenticamente di sinistra.

E allora, cosa resta? Non poco.

Sconfiggere Renzi e la sua linea, condannarli alla gogna della sconfitta, recuperare forze, prospettive e possibilità per il centro-sinistra.

E se questo non dovesse accadere? Se questo non dovesse accadere, il cammino si farebbe più lungo.  Bisogna prepararsi anche a questo.