Tiziano Scarpa, autore apprezzato e stimabile, in un lungo articolo del 21 maggio sul quotidiano Domani, come «note al margine del Salone del libro», denuncia le insistenti richieste di prestazioni a titolo gratuito a critici, scrittori e intellettuali, di interventi e partecipazioni a dibattiti, tavole rotonde ed eventi culturali, per non parlare di articoli e recensioni. Tutte cose che richiedono tempo e fatica, sottratto ad altre attività o al proprio tempo libero. Il paragone, tra i più classici e abusati, è quello con il proverbiale idraulico che nessuno oserebbe interpellare gratuitamente, contrariamente allo scrittore.

Intendiamoci, Scarpa ha perfettamente ragione sul valore nullo attribuito al lavoro intellettuale, misurato però sul suo scarso, ma non inesistente, riscontro di mercato. Per quanto lo riguarda ha scelto di respingere buona parte delle richieste che gli vengono rivolte e fa bene. Può permetterselo. Tuttavia, in questo paese dove tutto si articola da sempre per via corporativa, dai tassisti ai balneari, agli scrittori, non si può sorvolare sul fatto che il lavoro gratuito, povero e ricattato, è il carburante che alimenta l’intera industria culturale italiana.

Basterà ricordare l’infame accordo tra i sindacati e i manager dell’Expo milanese che consentiva il lavoro semigratuito dei giovani in cambio di una aleatoria occasione di esperienza e visibilità. Coniammo, in quella occasione, la definizione di «economia politica della promessa», laddove, appunto, la retribuzione consisteva nella fata Morgana di un successo a venire. Non è un mistero per nessuno che l’università italiana tracollerebbe in un baleno se le venisse a mancare il lavoro gratuito di studenti, dottorandi, eterni precari che si sobbarcano esami, seminari e assistenze di ogni genere. Lo stesso vale per il mondo dei media, dove una folla di paria dell’informazione tiene in piedi siti e testate con compensi nulli o da fame nella speranza di una futura affermazione.

Il lavoro gratuito è uno dei pilastri dell’economia contemporanea, della quale quello degli intellettuali riconosciuti non è che una frazione insignificante, garantita e al riparo da ricatti. Ma avrebbe comunque un senso se venisse impiegato per denunciare questo sistema di sfruttamento nel suo complesso. Quando ti batti contro un potere dominante non puoi pretendere che ti paghi. Non sarebbe una prestazione, ma lotta politica. Per chi ha ancora la voglia di farla.