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Se la Fondazione An prende le distanze da FdI

Se la Fondazione An prende le distanze da FdI

Il caso Dopo l'inchiesta sul finanziamento all'associazione Acca Larentia per acquistare la sede dall'Inail, il presidente Giuseppe Valentino nega ogni rapporto economico con il partito di Meloni

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 24 agosto 2024

Non c’è «nessun rapporto economico» tra la Fondazione Alleanza Nazionale e Fratelli d’Italia. E Arianna Meloni siede sì nel consiglio d’amministrazione ma «senza ricoprire alcun incarico esecutivo e quindi senza il potere di imporre decisione alcuna». Questa è la risposta ufficiale all’inchiesta di Domani sul finanziamento di 30mila euro accordato all’associazione Acca Larentia per l’acquisto della storica sede del Msi nel quartiere Tuscolano a Roma, la Camelot del neofascismo italiano, famosa per una strage degli anni ’70 e per la gigantesca croce celtica dipinta a terra che accoglie i visitatori in cortile. A mettere nero su bianco la replica è Giuseppe Valentino, presidente della Fondazione An, un passato tutto vissuto tra Msi, An e Pdl, già sottosegretario alla giustizia e in passato indagato a Reggio Calabria per concorso esterno in associazione mafiosa: venne sentito durante il maxi processo Gotha contro la ’ndrangheta in principio come testimone e poi come indagato in un procedimento connesso.

TUTTO QUI? La questione in realtà è più complessa, l’inchiesta di Domani ha degli elementi di solidità difficilmente contestabili e non è del tutto un caso che sul tema nessuno da FdI abbia fatto sentire la sua voce. Solo Valentino si è esposto, per dire in sostanza che la fondazione non c’entra niente con il primo partito della maggioranza e che nulla di male si può dire della sorella della premier. Una difesa d’ufficio che non smentisce nulla (del resto c’è poco da smentire) e che si limita a ribadire quanto già scritto, cioè che il contributo di 30mila euro «è stato corrisposto direttamente ad Inail attraverso un assegno circolare non trasferibile» e che l’importo «figura, come chiaramente leggibile nella nota esplicativa che correda il bilancio, nel conto “erogazioni liberali ad associazioni”».

Il motivo è presto detto: «L’immobile di Acca Larentia, dove persero la vita in un vile e ancora impunito attentato tre militanti dello Msi, era stato posto all’asta dall’Inail. Per evitarne un possibile uso non rispettoso della memoria di quel tragico evento la Fondazione, avendolo ritenuto coerente con i fini statutari, ha supportato nell’acquisizione, a fronte di alcune condizionalità». Come il diritto di prelazione in caso di futura vedita.

Per il resto la fondazione «annovera nel proprio consiglio di amministrazione esponenti di diverse anime del centrodestra italiano». Cosa vera: i 18 membri del cda in effetti coprono un po’ tutta l’area della destra politica . Da FdI a Forza Italia (c’è Maurizio Gasparri) fino a battitori liberi come Gianni Alemanno e «intellettuali» come Italo Bocchino. Da sottolineare che l’indirizzo – via della Scrofa 39 – è lo stesso della sede legale di Fratelli d’Italia. Una storia nota, parliamo infatti dell’unica sede politica sopravvissuta al travaso dalla prima alla seconda repubblica.

CHE LA FONDAZIONE An si muova spesso in perfetta sincronia con FdI, comunque, non è un mistero per nessuno e difficilmente potrebbe essere altrimenti: la fiamma che arde nel simbolo del partito di Giorgia Meloni è la stessa del Msi e la continuità ideale e politica tra le due esperienze è palese, al netto dei timidi tentativi di presa di distanza quando le cose si fanno pesanti. Come quando, a gennaio, l’anniversario dell’attentato di Acca Larentia si fece notare per la selva di saluti romani durante la commemorazione dei «camerati caduti». Tanti di FdI intervennero per dire che il partito non c’entrava niente con l’accaduto, dal presidente del Senato Ignazio La Russa a Fabio Rampelli. Che ogni anno porta alcuni giovani patrioti davanti alla sede per ricordare le tre vittime del 7 gennaio 1978. Il pomeriggio, però, non la sera, quando si palesano militanti ancora più nostalgici a dare vita al solito teatrino di urla e bracci tesi.

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