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«Se il governo continua a tacere sarà protesta permanente»

«Se il governo continua a tacere sarà protesta permanente»Tel Aviv, una manifestazione per la liberazione degli ostaggi – Ap

Israele Le famiglie degli ostaggi: «Vi esortiamo a tornare subito al tavolo delle trattative, senza indugi e a ogni costo»

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 5 dicembre 2023

«La vostra indifferenza nei nostri confronti è un’ignominia». Così Daniel Lifshitz – nipote della prima donna rilasciata da Hamas, Yodechai Lifshitz, e del marito ancora tenuto in ostaggio, Oded – si è rivolto ieri al governo israeliano e al gabinetto di guerra durante una conferenza stampa delle famiglie degli ostaggi. Alcune di loro domenica avevano partecipato per la prima volta a una manifestazione insieme a degli attivisti per la pace, a Tel Aviv, per chiedere il cessate il fuoco.

Dopo la ripresa delle ostilità a Gaza, hanno denunciato i familiari durante l’incontro di ieri con la stampa, il governo ha rifiutato loro qualunque aggiornamento sul futuro delle negoziazioni. «Hanno promesso di incontrarci – ha aggiunto Haim Yitzhak, fratello di un ragazzo rapito al rave – ma questo non è successo, non sappiamo cosa fare». La famiglia di un altro ragazzo che il 7 ottobre partecipava al rave party nei pressi di Re’im, Jonathan Samerano, di 21 anni, fuggito verso il kibbutz di Beeri e lì raggiunto da un colpo di arma da fuoco e rapito, ha ricevuto ieri la notizia della sua morte. Inoltre, sia delle fonti anonime interne alle trattative citate da Haaretz che Matthew Miller, portavoce del dipartimento di Stato Usa, hanno affermato ieri che Hamas avrebbe rifiutato di rilasciare alcune donne tenute prigioniere perché non parlino degli abusi subiti.

«VI ESORTIAMO a tornare subito al tavolo delle trattative, senza indugi e a ogni costo», ha aggiunto Lifshitz. «Se non avete alcun interesse a rappresentarci, ci rivolgeremo a un’entità internazionale che acconsenta a farlo». Un ultimatum simile viene da Yitzhak, che parla dell’eventualità di «incontrare qualcuno che sia disposto a darci risposte», come il presidente degli Stati uniti Joe Biden. I familiari dei rapiti minacciano così di rendere la loro protesta permanente: «Non vi imploreremo», afferma Lifshitz, ma in assenza di risposte «ci siederemo questa sera alle 20 nei pressi del quartier generale dell’esercito di Kirya (al centro di Tel Aviv, ndr) e non ce ne andremo da lì». In risposta alla protesta, nel pomeriggio l’ufficio del primo ministro Benyamin Netanyahu ha ventilato la possibilità di anticipare a ieri sera l’incontro «programmato per mercoledì» con i familiari e il gabinetto di guerra, ma al momento di andare in stampa non risultava fosse ancora in corso nessun incontro.

FORSE PERCHÉ Netanyahu era impegnato con la ripresa del suo processo per truffa e corruzione – benché non abbia partecipato di persona all’udienza di ieri -, cominciato tre anni fa e sospeso dopo gli attacchi di Hamas per effetto di un decreto d’emergenza del ministro della Giustizia che ha messo in pausa tutti i procedimenti non urgenti, fino a venerdì scorso. O perché il primo ministro israeliano – che domenica ha commentato con un «È la vita» l’omicidio da parte della polizia del civile israeliano Yuval Castleman durante la sparatoria di Hamas a Gerusalemme – stava pensando a congratularsi con il neoeletto presidente argentino Javier Milei per la sua vittoria. A pochi giorni dalla scelta dichiarata da quest’ultimo di nominare alla procura generale del Tesoro Rodolfo Barra, ex ministro della giustizia obbligato a rassegnare le dimissioni negli anni Novanta dopo la scoperta del suo passato di simpatizzante nazista. «Il primo ministro ha ringraziato il presidente eletto per la sua intenzione di spostare l’ambasciata argentina a Gerusalemme, e lo ha invitato a visitare Israele», si legge in un comunicato della presidenza del consiglio di Tel Aviv.

IERI È TORNATO a attaccare Netanyahu anche il leader dell’opposizione Yair Lapid, che in apertura dell’incontro del suo partito Yesh Atid, senza mai menzionare per nome il premier ha affermato: «È giunta l’ora che colui che era “di guardia” quando si è verificata la più grande calamità della storia di Israele ci lasci in pace. È ora che il governo ci liberi da questa punizione».

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