Scotto (Pd): «Il macronismo è finito, un errore non lasciar governare la sinistra»
«La scelta di Macron di non nominare primo ministro la candidata designata dal Nuovo fronte popolare, Lucia Castets, è molto grave, e rappresenta una svolta in senso autoritario dell’Eliseo e della Quinta repubblica francese», spiega Arturo Scotto, deputato Pd, da poco rientrato dalla Francia, dove ha assistito a Châteauneuf-sur-Isère ai lavori dell’università estiva della France Insoumise.
Perché un’accusa così grave?
Macron governa senza una maggioranza nell’assemblea legislativa; la scelta choc di convocare le elezioni anticipate 30 giugno senza consultare nessuno conferma e aggrava questo cortocircuito istituzionale. E ora la scelta di non conferire l’incarico di premier dopo due mesi dal voto, un record per la recente storia francese, che dimostra un odio verso il Fronte popolare ed espone il paese a un serio rischio di instabilità.
Neppure il Nfp ha la maggioranza in Parlamento.
Sì, ma si tratta comunque della coalizione arrivata prima. La vittoria della destra di Le Pen è stata impedita solo dal risveglio della sinistra; ed è stato proprio il Nfp a proporre per primo il cosiddetto barrage, persino nel collegio dove correva l’ex premier Elisabeth Borne, madre della contestata riforma delle pensioni. La sinistra ha garantito la tenuta del sistema, senza ricevere dai centristi una reciprocità in molti collegi. E si è dimostrata la forza più istituzionale, con un programma sociale molto avanzato. Non mi meraviglia che anche un uomo di centrodestra come l’ex premier De Villepin suggerisca ora a Macron di lasciar governare la sinistra, come unico argine possibile a un’ulteriore crescita dell’estrema destra. Anche un pezzo della borghesia ha capito che è questa la scelta che darebbe maggiore stabilità.
C’è la variabile Mélenchon, che viene considerato un po’ come la criptonite dall’establishment francese.
Un personaggio carismatico, ma anche divisivo e debordante, che sta subendo un processo di “diabolizzazione”. Ma, se stiamo ai fatti, le mosse che ha fatto da giugno in poi dimostrano che non è un leader destabilizzante. Prima si è impegnato per lo sbarramento repubblicano, poi ha fatto un passo indietro quando c’era da indicare il premier, nonostante la sua France Insoumise sia la prima forza del Nfp; poi ha proposto di non indicare nessun ministro, pur di far nascere il governo Castets. Ha avuto uno spirito unitario e non estremista.
Il Pd come si colloca in questa disputa? C’è ancora imbarazzo a criticare Macron?
Abbiamo sostenuto le scelte fatte dal partito socialista guidato da Olivier Faure, assolutamente non scontate, come uscire dalla palude macroniana e costruire un’alleanza di sinistra, con un programma che prevede il salario minimo a 1600 euro, la patrimoniale, lo stop alla riforma delle pensioni. Faure ha dimostrato che il Ps si rivitalizza dentro un fronte di sinistra, anche con una una “rottura ideologica” rispetto al recente passato. Una scelta di campo netta che Macron punta a far saltare favorendo una scissione. Ma credo che non ci riuscirà. Il sostiene pienamente la linea di Faure, che guida un partito che sta insieme a noi nei socialisti europei. E del resto è evidente che il macronismo è finito: lo dimostra l’incapacità di governare una situazione sociale e politica complessa, dove sono cresciute le diseguaglianze. Il centrismo non è più in grado di governare i conflitti: anzi, spesso li esaspera e li allarga.
Eppure non si percepisce da parte vostra un “tifo” per il fronte popolare.
Il Pd con Schlein ha imboccato una strada in netta discontinuità con l’impianto centrista, e non è un caso che proprio il salario minimo sia uno dei nostri temi chiave, come la lotta alla precarietà e per salari più alti, la giustizia climatica, un fisco più progressivo. Sono tutti elementi che ci avvicinano al Nfp, a cui aggiungo anche la difesa delle istituzioni dall’arbitrio e dalla prepotenza. La vicenda francese mostra tutti i rischi che correremmo in Italia con l’elezione diretta del premier: il rapporto tra governo, parlamento e corpi sociali sarebbe stravolto in senso autoritario.
Insisto, né voi né gli altri partiti socialisti europei sembrate molto concentrati sulla vicenda francese.
Il fatto che il Nfp sia composto da forze eterogenee, alcune molto recenti come la France Insoumise, può creare una forma di prudenza, di diffidenza, suggerire a qualcuno di stare alla finestra a guardare. Io non credo che sia così: se la Francia non esce da questa crisi istituzionale rischia di trascinarsi dietro anche l’Ue. Anche per questo è giusto fare il tifo per una svolta a sinistra: un nuovo governo centrista, senza il consenso popolare, sarebbe altrettanto di minoranza e metterebbe nuova benzina nel serbatoio dell’estrema destra.
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