Entrato a Tripoli all’alba di ieri accompagnato dalla brigata al Nawasi, Fathi Bashagha – premier libico del Gsn (Governo di stabilità nazionale) non riconosciuto dalla Comunità internazionale – ha dovuto battere in ritirata dopo gli scontri con le forze fedeli al primo ministro del Governo di unità nazionale Abdulhamid Dabaiba, con sede a Tripoli, durante i quali dei razzi sono caduti anche vicino all’ambasciata italiana nella capitale libica: un agente della polizia diplomatica che sorvegliava l’edificio è rimasto ferito a causa di un colpo di mortaio.

Dabaiba, nominato premier ad interim con l’approvazione delle Nazioni unite per condurre il Paese alle elezioni che avrebbero dovuto sancire la riunificazione nazionale – rimandate indefinitamente lo scorso dicembre a causa dell’impossibilità di trovare degli accordi sulla legittimità dei candidati -, aveva rifiutato di farsi da parte quando il parlamento, a Tobruk, ha nominato premier Bashagha. Una nomina la cui trasparenza aveva destato non pochi dubbi, anche nella missione di supporto dell’Onu: «In tanti vedono Bashagha come un traditore – spiega Malik Traina di Al Jazeera – che si è allineato con un uomo, il generale Khalifa Haftar, che ha distrutto le loro case e dislocato centinaia di migliaia di persone». Contro Bashagha, negli scontri di ieri a Tripoli, si è schierata la 444ma brigata alle dipendenze del ministero della Difesa (anch’esso guidato da Dabaiba) e da altre forze armate che «stavano dialogando con Bashagha ma alla fine sono risultate essere molto leali a Dabaiba – ha detto ad Agenzia nova il ricercatore Jalel Harchaoui – L’intero sistema messo in piedi da Dabaiba ha funzionato e retto bene».
A poche ore dalla debacle sono così arrivate le note ufficiali di entrambi gli uomini che si definiscono il premier legittimi della Libia, che va invece sempre più verso la divisione netta fra due governi che era sfociata nella guerra civile. Il governo guidato da Dabaiba ha dichiarato il suo impegno nell’organizzazione delle elezioni e nel fare in modo di impedire «i tentativi di alcuni partiti di estendersi e imporsi con la forza». E ancora ha invitato «tutte le parti internazionali a considerare coloro che sono responsabili di queste azioni come inadatti a partecipare al dialogo o ad accordi politici».

Dal canto suo Bashagha ha incentrato la narrativa sulla presunta «accoglienza da parte della cittadinanza» che avrebbe salutato il suo ingresso a Tripoli: «Siamo rimasti sorpresi dalla pericolosa escalation militare portata avanti da gruppi armati affiliati al governo ormai scaduto».