Internazionale

Scontri tra singalesi e musulmani. E lo stato d’emergenza continua

Scontri tra singalesi e musulmani. E lo stato d’emergenza continua – Afp

Sri Lanka Stretta sui visti, stampa sotto pressione «per non intralciare le indagini»

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 7 maggio 2019

Com’era già accaduto alcuni mesi fa – quando si verificò un vero e proprio pogrom anti musulmano – a far scoccare la scintilla è stato un banale incidente stradale che domenica sera ha coinvolto a Negombo due motociclisti e uno, forse due risciò. In un Paese come lo Sri Lanka sotto lo stato di emergenza e dove è in corso una caccia all’estremista, è facile che gli animi si infiammino, coadiuvati da una tensione diffusa dopo la strage di Pasqua che ha ucciso oltre 250 persone in chiese e alberghi di lusso: la chiesa di San Sebastiano a Negombo fu tra i sei siti colpiti dagli attentati del 21 aprile scorso.

Il gruppetto radunatosi per l’incidente viene alla mani: singalesi da una parte, musulmani dall’altra. Niente coltelli o armi da fuoco per fortuna ma botte e, conferma un quotidiano della capitale, danneggiamenti a una casa e ad alcuni negozi. L’incidente sulla Poruthota Road, lungo il tratto costiero alla periferia settentrionale della cittadina di Negombo – a 40 chilometri da Colombo e come lei vittima dei kamikaze nella Pasqua di sangue – diventa presto uno scontro tra fazioni. Sono le sei di sera.

La polizia interviene e le acque fortunatamente si calmano. Gli arrestati sono solo due ma in città viene imposto il coprifuoco sino alle sette del mattino di ieri, giorno in cui hanno riaperto le scuole chiuse da Pasqua. I commando della Special Task Force Elite sono stati schierati per pattugliare le strade (l’area è vicina all’aeroporto internazionale Bandaranaike). La Chiesa cattolica ha fatto un appello alla calma. Tutto sotto controllo dunque e nessuna vittima. Ma un pessimo segnale.

Da che è stato imposto lo stato di emergenza, polizia e intelligence – dotati di ampi poteri per arrestare e detenere i sospettati per lunghi periodi – sono al lavoro ogni giorno. I social sono stati nuovamente sospesi dopo i fatti di Negombo, e la stampa è sotto pressione perché non intralci le indagini. La lista quotidiana di arresti, interrogatori, raid è un susseguirsi di notizie che non aiutano la distensione e che si mescolano a nuovi allerta e al timore di nuovi attentati. Le maglie sono strette. Sui visti ad esempio.

Il titolare dell’Interno, Vajira Abeywardena, ha detto che 200 studenti musulmani sono stati trovati con visti che erano scaduti: multati e poi espulsi.

«Considerando la situazione attuale nel Paese, abbiamo rivisto il sistema dei visti e preso una decisione per effettuare restrizioni sugli ingressi degli insegnanti religiosi», ha detto il ministro alla France Press. Intanto procedono le pratiche di riconoscimento e rimpatrio delle vittime straniere che sono sinora 44. La comunità straniera più colpita è quella indiana con (11 persone) e subito dopo viene quella cinese con sei vittime.

Alcuni di loro lavoravano in progetti di cooperazione e Pechino sta seguendo la vicenda con molta attenzione anche perché la Cina ha in piedi nello Sri Lanka diversi progetti tra cui quello del grande porto di Hambantota nel Sud del Paese dov’è presente l’azienda della logistica di container China Merchants Port Holdings Co.

Secondo il quotidiano cinese Global Times, gli interessi cinesi e la cooperazione tra i due Paesi non hanno sofferto per gli effetti degli attentati di Pasqua, ma la preoccupazione che la cosa si possa ripetere preoccupa anche Pechino che ha offerto collaborazione al governo dello Sri Lanka anche in materia di sicurezza.

Non è l’unico Paese a farlo. Americani e indiani hanno mandato i loro 007 per capire cosa c’è esattamente dietro la strage rivendicata dallo Stato islamico e messa in opera da un piccolo gruppo islamista locale – National Thowheed Jamath – che a Pasqua ha fatto il suo mortale salto di qualità.

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