Altri 250 israeliani, attivisti della destra religiosa, sono entrati ieri sulla Spianata della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme, in occasione del Capodanno ebraico. Lunedì erano stati 335, secondo i dati forniti dal Waqf islamico. Un’altra «visita» sul luogo dove, secondo la tradizione ebraica, sorgeva il biblico Tempio, che ha provocato scontri tra i fedeli palestinesi e la polizia che scortava i «visitatori» israeliani. Diversi dimostranti sono stati arrestati, altri sono rimasti contusi negli incidenti. I palestinesi denunciano le ultime restrizioni imposte da Israele per l’accesso alla Spianata e le violazioni dello status quo dei luoghi santi di Gerusalemme che vede i musulmani pregare ad Al Aqsa, gli ebrei al Muro del Pianto e i cristiani al Santo Sepolcro. Anche l’Egitto ha condannato «le ripetute e crescenti violazioni della santità della moschea di Al Aqsa, perpetrate dagli estremisti ebrei davanti alle forze di occupazione israeliane». Così scriveva ieri il quotidiano Al Ahram, spiegando che per il Cairo «l’imposizione di restrizioni alla circolazione dei fedeli palestinesi e al loro compimento di riti religiosi e i continui tentativi di cambiare lo status giuridico e storico di Gerusalemme, sono una flagrante violazione del diritto internazionale e un pericolosa escalation che mina le possibilità di raggiungere una soluzione giusta e globale della causa palestinese e la soluzione dei due Stati». La tensione nella città vecchia di Gerusalemme resta alta e oggi si prevedono altri scontri nel 22esimo anniversario della «passeggiata» fatta dallo scomparso premier israeliano Ariel Sharon – nel 2000 era leader dell’opposizione – sulla Spianata di Al Aqsa. Una provocazione che innescò la seconda Intifada palestinese e un ciclo di violenze senza precedenti.