La speranza di un rapido ritorno al lavoro – dopo l’accordo con gli sceneggiatori – è tramontata sul nascere. Le trattative tra la Sag-Afrtra, il sindacato degli attori, e le major di Hollywood che si erano nuovamente seduti al tavolo delle trattative lo scorso 2 ottobre, sono state bruscamente sospese nella giornata di ieri. Le parti restano distanti e i toni – anche nei rispettivi comunicati stampa- si fanno sempre più aspri: la Sag-Aftra accusa le major di “bullismo” e di aver presentato una proposta «peggiore di quella sul tavolo prima dell’inizio dello sciopero» 91 giorni fa. Per la Amptp (l’alleanza che riunisce le major e i servizi in streaming) la controproposta che gli attori hanno rilanciato l’11 ottobre avrebbe a sua volta comportato «un onere economico insostenibile». La decisione è arrivata dopo l’ultimo incontro – che si è tenuto nella sede della Sag, dove erano presenti i Ceo di Netflix, Disney, Nbc Universal e Warner Bros. Discovery.

LA VERTENZA degli attori in sciopero dura dal 14 luglio: «I produttori hanno intenzionalmente mal rappresentato le nostre richieste, aumentandole del 60%», sottolinea un portavoce del sindacato: «Hanno fatto lo stesso con l’intelligenza artificiale continuando a richiedere il consenso il primo giorno di lavoro per l’uso di una replica digitale attraverso l’intero universo cinematico o qualsiasi progetto in franchise». Gli attori puntano al 2% dei profitti di ogni film o serie trasmessa in streaming, oltre alla percentuale dei diritti d’immagine. Gli sceneggiatori si erano accontentati di meno: un bonus per opere determinate «di successo» sulla base delle visualizzazioni domestiche e internazionali. Secondo i produttori, accettare le richieste della Sag comporterebbe un onere di 800 milioni di dollari l’anno. Gli attori chiedono anche un aumento dei compensi dell’11% per tenere il passo con l’inflazione.