Nella prima settimana da leader del Pd Elly Schlein non ha fatto praticamente nulla, fatta eccezione per la doverosa presenza a Cutro e nella piazza antifascista di Firenze, dove ha salutato Landini e Conte.

Al netto delle chiacchiere col leader M5S in Santa Croce, non solo non ha ancora costituito un soviet tra i vicoli di Bologna, ma neppure nominato un/a vicesegretario/a. E non deve stupire visto che sarà ufficialmente nominata segretaria dall’assemblea Pd il 12 marzo.

Ciononostante, la paura continua a fare 90 dalle parti della destra e dei giornali cosiddetti borghesi, che già all’indomani delle primarie temevano che Schlein potesse addirittura fare proprie alcune proposte della Cgil. Ieri un nuovo florilegio di timori, angosce e consigli non richiesti, segnala il terrore che il Pd smetta i panni del partito inginocchiato ai piedi dei prenditori nostrani (e dei loro giornali), più liberista di Adam Smith, più governista della Dc di Andreotti, più atlantista della buonanima di Cossiga.

Il Corriere nota «una certa ambiguità» nelle parole di Schlein, uno «sguardo che spesso sembra rivolto all’indietro». Perché? La ragione è che la neosegretaria osa avere «come bersaglio polemico il Jobs Act» e proporre «drastiche limitazioni ai contratti a termine». Perbacco. «Una posizione condivisa dalle correnti più radicali, dentro e fuori il partito». E già si immaginano (o meglio: le vedono a via Solferino) schiere di tute blu pronte a chiedere l’abolizione della proprietà privata.

Schlein «non fa distinzione tra precarietà e flexsecurity», accusa Maurizio Ferrera, e «chiede maggiori tutele contro i licenziamenti». All’autore sfugge che forse, essendo del 1985, Schlein (sempre per il Corriere a Firenze aveva «il solito outfit da centro sociale») deve aver pericolosamente conversato con qualche suo coetaneo. E scoperto così che, almeno in Italia, la flexsecurity è una truffa propagandata dai più ricchi, garantiti e anziani, grazie a intellettuali e giornalisti della stessa parrocchia, a scapito degli under 45 ormai invecchiati con contratti da fame. Devono essere state queste chiacchiere a plasmarne l’indole estremista. «Tirocini retribuiti. Da chi?», s’infiamma il Corriere per poi concludere che «abolire il jobs act aggraverebbe solo il problema» della disoccupazione femminile.

Su La Verità spunta a dar manforte l’ex senatore dem Andrea Marcucci, trombato alle ultime elezioni e pieno d’ira verso il compagno Letta che lo ha fatto correre addirittura in un collegio uninominale in Toscana. «Durante i festeggiamenti per Schlein ho visto alcune scene che mi hanno ricordato il partito comunista dell’anteguerra». E qui c’è lo scoop: Marcucci, nato nel 1965, è un esperto del Pci dei tempi della clandestinità.

Ma andiamo avanti. «Ho visto esultanze condite di falci e martello e immagini di Gramsci». «Se sono solo cimeli è un conto; se invece sono valori ai quali ispirarsi è un altro. Alcuni di loro già annunciano purghe stalinane». In attesa di vedere i bolscevichi pronti a invadere il resort toscano dei Marcucci, ci si domanda: ma come, Gramsci? Uno degli intellettuali più tradotti e letti dagli americani? Ma sì, lui, ridotto a «cimelio» dall’imprenditore farmaceutico che nel 1992 fu eletto dalla Camera col Pli di Altissimo. E da buon imprenditore non maschera la sua angoscia. «Schlein vorrà fare una patrimoniale? Alzare le tasse sui redditi alti? Ostacolare le imprese? Spero proprio di no». Altrimenti il Pd potrebbe essere colpito da una «disaffezione profonda nel paese».

Su Repubblica l’alert alla nuova leader arriva da Graziano Delrio, anche lui ex renziano, decisamente più pentito di Marcucci. E, in teoria, più pacifista della stessa Schlein sul tema Ucraina. Ma anche lui è timoroso: «La nostra scommessa deve essere di attrarre tutta la società, non solo la parte più radicale». E anche qui si immaginano orde di guerriglieri pronti a portare in processione la madonna pellegrina Schlein.

Una giovane donna salita agli onori delle cronache nel 2013, quando protestò per la mancata elezione di Prodi al Quirinale. Aveva 28 anni e mica sognava di abbattere il sistema borghese: no, difendeva Prodi dai suoi compagni di partito.

Eppure fa paura. Perché il Pd di questi anni piaceva a tanti in questo paese, faceva comodo a chi, da un punto vista di classe, generazionale e di genere, ora teme di perdere un’oncia del potere e della rendita di cui dispone indisturbato da troppi decenni. Il Re è nudo. E terrorizzato da una giovane donna di estrazione borghese che improvvisamente diventa una bad girl per aver osato dire «basta precariato»