Schlein, una campagna dribblando le guerre: «L’Ue resti progetto di pace»
Europee Da Kiev a Gaza, l’imbarazzo della leader Pd che preferisce parlare di politica interna e polarizzare lo scontro contro Meloni su sanità e salari. Boldrini e Scotto chiari contro Stoltenberg, Zan dà del «criminale» a Netanyahu, ma sono voci isolate
Europee Da Kiev a Gaza, l’imbarazzo della leader Pd che preferisce parlare di politica interna e polarizzare lo scontro contro Meloni su sanità e salari. Boldrini e Scotto chiari contro Stoltenberg, Zan dà del «criminale» a Netanyahu, ma sono voci isolate
Come fare una (buona) campagna elettorale fingendo che le due guerre non ci siano. Potrebbe essere questo l’immaginario titolo di un saggio di Elly Schlein. La segretaria dem infatti sta battendo l’Italia palmo a palmo, con un discreto successo di pubblico, gli ultimi sondaggi pubblicati la danno sopra il 20%, dato che toglierebbe qualsiasi argomento post voto ai suoi rivali interni. Parla di sanità, firma i referendum della Cgil contro il Jobs act, attacca ogni giorno Meloni su ogni tema, a partire dalla crisi sociale e dal lavoro povero, ritrova elettori che se n’erano andati disgustati dal Pd renziano, disegna un’Europa verde e attenta ai più deboli.
Una strategia attentamente studiata le suggerisce di evitare di infilarsi in questioni geopolitiche. Qualunque cosa accada -e negli ultimi giorni sta succedendo di tutto – lei ripete le due-tre frasi sperimentate da mesi, su cui sa che il Pd non imploderà: «Sostegno a Kiev con tutti i mezzi ma serve un maggior impegno diplomatico»; «Cessate il fuoco a Gaza, l’Ue riconosca lo stato di Palestina».
Intervista dopo intervista, i giornalisti tentano invano di farla uscire dal seminato, ma c’è poco da fare. Lei dribbla le questioni più spinose, come le recenti parole del segretario Nato Stoltenberg sulla possibilità che le armi occidentali servano per attaccare la Russia. E del resto, nelle liste Pd ci sono candidati per tutti i palati: i pacifisti possono votare Cecilia Strada o Marco Tarquinio, i pro-Nato trovano Pina Picierno e Giorgio Gori.
L’importante è che le guerre non ammacchino troppo la narrazione della campagna elettorale: che prevede appunto un’Europa senza guerre, con addirittura un nuovo Recovery Plan (e dunque bond europei) destinati alle politiche sociali e alla transizione verde. Mica nuovi investimenti in armi.
Schlein cammina sulle uova. I socialisti Ue sono a larghissima maggioranza schierati sul sostegno a Kiev senza troppi paletti, e così è la gran parte dei dirigenti e parlamentari Pd. E così il rischio è che la segretaria sul no alle follie belliciste di Stoltenberg si faccia scavalcare non solo da Salvini ma anche da Crosetto. Pazienza. Lei si scaglia contro il Ponte sullo stretto, il premierato e l’autonomia differenziata. Purchè la discussione resti dentro la polarizzazione tra lei e Meloni, tra le due idee di Italia che propongono. Se il Pd fosse al governo, di fatto, in questo momento la posizione dell’esecutivo su Kiev e Gaza non sarebbe molto diversa da quella del governo Meloni, e questo per Schlein è un grosso problema. Sulla politica estera la polarizzazione non funziona, anche perchè il “vincolo esterno” (e cioè la fedeltà alla Nato) pesa su chiunque aspiri a governare.
Sul Medio Oriente, strage dopo strage, i dem si concedono qualche libertà in più. Ma senza mai arrivare alla posizione del premier spagnolo Sanchez, e dunque alla esplicita richiesta che l’Italia riconosca lo stato di Palestina ((i 5S hanno presentato una mozione alla Camera per questo obiettivo). Meglio limitarsi a chiedere che sia la Ue a fare questo sforzo. Ieri la segretaria ha detto che «l’Ue si deve muovere con una voce sola e forte per fermare la follia di Netanyahu a Rafah». Alcuni parlamentari come Alessandro Zan e Stefano Vaccari hanno definito il premier israeliano «criminale di guerra».
Per Laura Boldrini «Usa e l’Ue devono costringere Netanyahu al cessate il fuoco: le opzioni per farlo ci sono, a partire dalle sanzioni e dallo stop alla vendita di armi». La stessa ex presidente della Camera, a proposito di Stoltenberg, dice che «le sue infelici uscite non solo travalicano il suo ruolo, ma alludono ad un’escalation globale che è assolutamente da evitare». Arturo Scotto spiega che le parole del segretario generale della Nato «cambiano la natura della guerra che si trasformerebbe in un conflitto diretto Nato-Russia, e dunque in qualcosa che assomiglia alla terza guerra mondiale». Sono voci chiare, ma isolate. Schlein evita di affrontare il toro per le corna: «L’Europa è nata come progetto di pace e tale deve rimanere…».
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