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Poca trasparenza nella Commissione Ue degli Stati sovrani

Poca trasparenza nella Commissione Ue degli Stati sovraniL’incontra a Bruxelles tra Ursula von der Leyen e i commissari designati – foto Ap

Blanda l’analisi dei dossier su eventuali conflitti di interesse, mentre si moltiplicano le intese tra il Ppe e l’estrema destra Ecr

Pubblicato circa 5 ore faEdizione del 4 ottobre 2024

Calcio d’inizio della maratona che porterà alla conferma della nuova Commissione europea per i prossimi 5 anni, che dovrebbe entrare in carica effettiva il prossimo 1° dicembre, una compagine molto più a destra di quella precedente, situazione che dipende dai colori dei governi dei 27.

IERI, LA COMMISSIONE Affari Giuridici (Juri) del Parlamento europeo – 25 membri, presidente Renew – ha iniziato l’analisi delle dichiarazioni dei 26 commissari in pectore (solo la presidente Ursula von der Leyen è esclusa dall’esame), per stabilire che non ci siano palesi conflitti di interesse per le personalità prescelte, tutte presentate dalle nazioni di appartenenza, secondo la regola da esercito messicano che ha stabilito un commissario per paese anche dopo gli ultimi allargamenti, bocciando l’ipotesi di un esecutivo più ristretto, più “europeo” e meno pletorico, che avrebbe però comportato l’accettazione, da parte dei 27 membri (anche dei sei “grandi”), di non avere la certezza per una legislatura di un commissario “nazionale”. Questa prima tappa finirà il 18 ottobre, seguita da audizioni dei prescelti, per due settimane, a partire dal 4 novembre, di fronte alle commissioni parlamentari competenti.

NON È SOLO CUCINA dietro le quinte del potere europeo: è in gioco la qualità della democrazia europea, un passaggio delicato per le istituzioni Ue sempre in costruzione e ancora contestate nel loro pieno diritto di esistenza, tanto più in un periodo di forte crescita dell’estrema destra euroscettica. Ma proprio la maggiore presenza dell’estrema destra al Parlamento europeo rischia di avere l’effetto di annacquare le audizioni e di lasciar passare chiunque.

È una grossa differenza rispetto al 2019: solo 5 anni fa, la commissione Juri aveva bocciato alla prima analisi due candidati (una socialista rumena e un Ppe ungherese, poi sostituiti dai rispettivi stati) e poi aveva bloccato la francese Sylvie Goulard di Renew nella seconda tappa dell’audizione, c’era effettivamente un problema etico, ma avevano giocato anche le rivalità tra i gruppi, un S&D e un Ppe subito bocciati, la vendetta era stata contro la candidata Renew.

OGGI QUESTO GIOCO di bilancia politica potrebbe essere soffocato dall’emergenza del momento: la vecchia “maggioranza Ursula” centrista (Ppe, S&D, Renew) è uscita indebolita dalle ultime europee e la presidente si sta ben accomodando con la nuova configurazione dell’Europarlamento, anche se è grazie al voto dei Verdi che è stata rieletta molto meglio che nel 2019 (allora aveva avuto solo 9 voti di maggioranza, a luglio ha ottenuto 401 voti su 284). Per rassicurare la sua base, von der Leyen ha promesso «nessuna cooperazione strutturata» con il gruppo di estrema destra Ecr, ma subito dopo alla formazione dove siedono Fratelli d’Italia sono state date 3 presidenze di commissioni parlamentari, una novità, facendo entrare la destra radicale a pieno titolo nel gioco europeo. A Ecr è stata soprattutto data una vice-presidenza esecutiva della Commissione, attribuita a Raffaele Fitto, e le intese Ppe-Ecr si moltiplicano – ultima in ordine di tempo il rimando di un anno dell’applicazione delle regole per bandire l’import di prodotti agricoli provenienti dalle deforestazioni.

La sinistra parla di «pagliacciata» per l’analisi degli eventuali conflitti di interesse che sta realizzando in questi giorni la commissione Juri. Per Transparency International, è «un processo profondamente bacato, senza trasparenza, con regole che impediscono un’analisi completa delle dichiarazioni».

C’È POCO TEMPO per verificare le dichiarazioni dei prescelti, il parlamento europeo non ha poteri investigativi per fare ricerche approfondite (non può neppure riferirsi a eventuali articoli di stampa). Anche se su alcuni nomi ci sono dubbi su conflitti di interesse e Juri dovrebbe chiedere “chiarimenti” a una decina di candidati. Nessuno può sapere se dietro le quinte si tramano accordi di partito, per evitare veti incrociati. Un armistizio informale sembra essere in atto, per evitare clamorose bocciature.

Inoltre, prosegue la lenta deriva verso la preminenza delle nazioni sugli interessi esclusivamente europei, che i commissari dovrebbero difendere per statuto, mentre gli stati hanno il Consiglio per farsi valere. L’ex commissario Paolo Gentiloni, superando le riluttanze di S&D nei confronti di Raffaele Fitto – al Parlamento la preminenza è dei gruppi politici – suggerisce così che «i parlamentari italiani farebbero bene a votare per il commissario italiano», nella speranza di «spingere a un posizionamento pro-europeo il governo italiano».

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