«Dal M5S esigo rispetto, basta con i continui attacchi e le mistificazioni che non servono a costruire l’alternativa. Se Conte attacca più noi che il governo Meloni sbaglia strada». Alla fine Elly Schlein è sbottata contro Giuseppe Conte. Martedì alla Camera, durante il faccia a faccia alla presentazione del libro di Roberto Speranza, aveva incassato gli attacchi sul Pd «bellicista» e traditore della svolta green, mantenendo la «linea zen» che lei stessa si era autoimposta dopo la vittoria alle primarie: mai attacchi alle altre opposizioni.

IERI PERÒ TRA I DEM il malumore ha superato il livello di guardia: dagli ex renziani di Guerini alla sinistra di Orlando e Provenzano sono arrivate repliche stizzite all’avvocato ormai lanciato in una dura competizione col Pd in vista delle europee. E alla fine Conte ha compiuto il miracolo di unire i dem contro di lui. «Se fossi stato presente a quell’incontro gli avrei detto pacatamente che il Pd è stato ed è dalla parte della difesa della libertà e della sovranità dell’Ucraina, senza esitazioni o ambiguità».

Orlando accusa Conte di avere una «memoria selettiva»: «Non ricorda che il primo invio di armi all’Ucraina fu votato da tutto il governo, nel quale sedevano anche ministri del M5S. Si può discutere se proseguire in quella strada, ma definire bellicista chi si è comportato esattamente come si comportò al tempo il M5S mi pare logicamente difficile. Nelle sue parole c’è molta aria da campagna elettorale». Sulla stessa linea Provenzano: «Bellicista a chi? Abbandonare l’Ucraina non porta la pace, ma la resa alla sopraffazione del bellicista vero, che è Putin. E sul Medio Oriente siamo stati i primi a chiedere il cessate il fuoco e iniziative concrete di pace». Matteo Orfini allarga le braccia: «Sono da sempre uno dei più dubbiosi sul dialogo con il M5S e trovo continue conferme: andare avanti così è faticoso…».

SE L’INCONTRO DI MARTEDÌ con Speranza doveva essere una tappa di riavvicinamento tra i due partiti, il risultato pare opposto. Tanto che Schlein è quasi costretta a replicare al fuoco amico, premettendo di non aver «perso la calma»: «Per litigare bisogna essere in due: mai ho lanciato una polemica strumentale verso un’altra forza di opposizione. Conte sbaglia strada». E ancora: «Come io rispondo delle mie scelte, altri risponderanno ai loro elettori. Ma credo che la gente si sia resa conto di chi sta lavorando alacremente ogni giorno alla costruzione di un’alternativa urgente a questa destra».

ANCHE IN UNA GIORNATA segnato dallo scontro, la leader Pd non rinuncia a rilanciare la necessità di una coalizione: «Continuerò a lavorare ogni giorno per esaltare le questioni si cui possiamo lavorare insieme alle altre opposizioni: ce ne sono a bizzeffe, sanità, casa, clima, scuola. Ma nessuno può pensare di costruire un’alternativa a questa destra senza il Pd. Non si fa politica guardano lo specchietto retrovisore». I riformisti gongolano: «La nostra responsabilità non può essere scambiata per arrendevolezza, Schlein ha fatto bene a ribadirlo», dice Alessandro Alfieri.

Sulla Rai la segretaria insiste: «Rispondiamo sì alla lettera di verdi e sinistra che chiede a tutte le opposizioni di lavorare insieme sulla riforma, indispensabile per rendere davvero indipendente dalla politica il servizio pubblico». E rilancia il sit-in di protesta del 7 febbraio a Viale Mazzini, con una nuova stoccata a Conte che ha deciso di disertare accusando i dem di aver lottizzato come la destra: «Se alcuni non ci saranno è perché evidentemente non sentono come noi l’urgenza di intervenire rispetto all’uso propagandistico che il governo sta facendo della pubblica informazione». Dal M5S non arrivano reazioni affilate: «Normale confronto politico, nessun litigio».

SUL TAVOLO C’È ANCHE il tema del disagio dei cattolici dopo il caso della consigliera veneta Bigon che non ha votato la legge sul fine- vita. «Non è stata messa in discussione la libertà di coscienza, ma si è espressa una critica, quel dissenso poteva essere manifestato diversamente. Nessuno ha parlato di sanzioni o di provvedimenti disciplinari», dice Schlein. Ieri la direzione del Pd veneto ha deciso di non avviare alcun procedimento disciplinare. Ma circola una lettera con 20 firme che le chiede di rinunciare al ruolo di vicepresidente della commissione Sanità in Regione: domani ne discuterà il gruppo consiliare.

La segretaria intanto rilancia sui diritti: «Oggi il Pd chiede scusa se è stato troppo timido nel difendere i diritti lgbtqia+. Andremo avanti con le battaglie per una legge contro l’omotransfobia, il matrimonio egualitario, le adozioni e i diritti delle coppie omogenitoriali», ha detto alla presentazione del libro di Alessandro Zan. «Se mi sento accerchiata dai dirigenti? No, sono felice di essere insieme a tanta gente. Cambiare il Pd non è facile, se vuoi essere sia carne che pesce non rappresenti più nessuno».