Sono servire due ore di confronto faccia a faccia (anche se in videochiamata) per trovare una prima intesa sui nuoviassetti del Pd. Elly Schlein e Stefano Bonaccini, lei a Roma e lui a Bologna, si sono sentiti ieri dalle 19 alle 21. Due lunghe ore per arrivare al risultato che chiedeva Bonaccini: la presidenza del Pd. E così sarà quello del governatore emiliano il nome che domani alla Nuvola dell’Eur sarà votato dall’assemble nazionale.

«SONO STATE GETTATE le basi per un costruttivo lavoro assieme nel partito», spiegano fonti vicine a Bonaccini. Ma l’accordo non è completo: per le altre caselle, in particolare i capigruppo di Camera e Senato e la nuova segreteria, i due torneranno a parlarsi dopo l’assemblea. Segno che, nonostante i sorrisi e i buoni rapporti personali, i nodi politici sono molti e delicati. E che alla fine nell’area vicina al governatore ha prevalso l’idea di lasciare alla vincitrice onori e oneri, senza compromettersi troppo sulla condivisione della linea politica. Il presidente infatti è un ruolo di garanzia, che lascerà a Bonaccini molti margini di manovra politica. E anche di (eventuale) dissenso. Mentre se si fosse impegnato come vicesegretario avrebbe avuto le mani più legate.

A questo punto la partita dei vicesegretari e dei capigruppo dovrebbe restare tutta nell’orbita della nuova maggioranza. Questa almeno l’idea che circola tra parlamentari più vicini a Schlein. I nomi che circolano come vice sono quelli di Marco Furfaro e Chiara Gribaudo. Ma Schlein potrebbe anche fare un nome a sorpresa pescato dalla società civile e che segnali la ricucitura con mondi con cui il Pd era entrato in collisione. Per i due rami del Parlamento riprende quota l’idea del reset totale: Francesco Boccia o Cecilia D’Elia in Senato, Peppe Provenzano o Chiara Braga a Montecitorio. Comunque nomi chiaramente riconducibili alla nuova leader.

E DEL RESTO CON LA concessione della presidenza a Bonaccini, che consente al governatore di conservare una postazione nazionale di prestigio, ora Schlein si sente in credito. E più libera di dar seguito al suo proposito di imprimere un «forte rinnovamento» alla squadra che governerà il Pd. Eloquenti le parole di Stefania Bonaldi, ex sindaca di Crema e sicura new entry della segreteria con delega agli enti locali: «Il voto delle primarie è un’importante richiesta di cambiamento. Anagrafico e di genere. È necessario un ricambio della classe dirigente: rinnovamento e non rottamazione, una pratica che abbiamo conosciuto in altre epoche e che ha segnato l’inizio del disfacimento del Pd». Sicuro anche l’arrivo di Marta Bonafoni, consigliera regionale del Lazio eletta nella lista civica di Alessio D’Amato.

NEL FRONTE BONACCINI la soddisfazione è palpabile. «La presidenza del partito per Stefano è un’ ottima notizia. Per il Pd, per la sua unità, per le sfide che dobbiamo affrontare insieme», dice il deputato bolognese Andrea De Maria, uno dei primi supporter del governatore. Se tra gli emiliani la volontà di dare una mano alla segretaria è evidente, diverso è il caso di Base riformista, la corrente degli ex renziani guidata da da Lorenzo Guerinie Luca Lotti. I primi sarebbero disposti a fare un paio di nomi per la segreteria, per blindare il patto unitario con Schlein; i secondi invece vogliono restare alla finestra, con più di un occhio a quello che succederà nel terzo polo di Renzi e Calenda, pronti a sottolineare qualunque sbandatura troppo a sinistra di Schlein. O troppo in sintonia col il M5S di Conte.

IL CLIMA COMPLESSIVO che si respira però non è quello dello scontro. «Sostengo il lavoro di Schlein e penso che farà bene», ha ribadito ieri il fondatore Veltroni a La7. Pochi giorni fa era già arrivata una sua benedizione: «Ho speranza che riesca a portare il Pd alle sue origini: un partito di sinistra in grado di conquistarsi la maggioranza degli elettori».

Ieri anche il padre nobile degli ex popolari Pierluigi Castagnetti ha allontanato ipotesi di fuoriuscite: «Sbaglia chi dice che con l’elezione di Schlein nel Pd non c’è più posto per i cattolici. Noi siamo un partito democratico, plurale. E un Pd senza i cattolici non sarebbe più il Pd. Ma Schlein non ha alcuna intenzione, come non l’aveva Bonaccini, di creare l’ennesimo partito del capo». Anche Romano Prodi, che conosce bene Schlein e Bonaccini, ha auspicato «collaborazione» tra i due. La segretaria ieri ha incontrato anche altri due fondatori del Pd, Paolo Gentiloni e Rosy Bindi, insieme alla commissaria europea per l’Uguaglianza, Helena Dalli. Tutte mosse per creare una cornice di fiducia con i padri e le madri nobili, per poi procedere nel necessario rinnovamento nella linea e nella prima fila.