Italia

Schillaci: «Torniamo alla normalità». Cioè all’emergenza

L'ospedale Spallanzani di Roma, foto LaPresseL'ospedale Spallanzani di Roma, foto LaPresse

Il ministro annuncia il reintegro dei sanitari non vaccinati e la sospensione del bollettino quotidiano sulla pandemia

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 ottobre 2022

Nella sua prima comunicazione ufficiale, il neo-ministro della salute Orazio Schillaci ha parlato di «un progressivo ritorno alla normalità». Cioè, all’abituale situazione di emergenza. Nonostante le intenzioni, le novità annunciate ieri hanno ben poco di tranquillizzante. La prima riguarda i sanitari non vaccinati, finora sospesi e destinatari di una multa da cento euro. «Vista la preoccupante carenza di personale medico e sanitario segnalata dai responsabili delle strutture sanitarie e territoriali – fa sapere il ministro – è in via di definizione un provvedimento che consentirà il reintegro in servizio del suddetto personale prima del termine di scadenza della sospensione», fissata al 31 dicembre. Si tratta di circa quattromila medici, appena l’1% del totale, ma la sanità a pezzi non può permettersi di farne a meno. Dunque anche i medici No Vax torneranno presto nei pronto soccorso e nelle terapie intensive, dove manca il personale. E le multe verranno probabilmente condonate. Il ministro non ha voluto attendere la Corte Costituzionale che tra un mese esatto deciderà sulla legittimità della sospensione dello stipendio per i non vaccinati.

Il 31 ottobre scade anche l’obbligo di mascherina negli ospedali e nelle Rsa e il governo è parso intenzionato a non rinnovarlo. L’orientamento non piace a Sergio Mattarella che lo fa sapere a stretto giro. «La sanità pubblica – ha detto celebrando al Quirinale i Giorni della Ricerca – ha il compito di mantenere alta la sicurezza soprattutto dei più fragili, dei più anziani, di coloro che soffrono per patologie pregresse». Sono proprio le categorie che rischiano di più dal rientro in ospedale di medici non vaccinati e senza mascherina.

L’opposizione si allinea. «Noi stiamo con il presidente Mattarella, non dimentichiamo i 180.000 italiani morti di Covid e ci battiamo per una sanità pubblica efficiente e per tutti» twitta il sindaco dem di Firenze Dario Nardella, possibile candidato alla successione di Enrico Letta. «Le novità annunciate dal governo mi preoccupano, venendo da una destra che durante la fase più dura della pandemia ha assunto posizioni antiscientifiche e ha spesso gridato molto contro le misure di contenimento» detta alle agenzie Nicola Fratoianni (Avs). Qualche critica a Schillaci arriva anche dalla maggioranza: «non cancellare con un colpo di spugna tutte quelle misure che hanno favorito la somministrazione dei vaccini», dice la forzista Licia Ronzulli. Persino un medico «amico» della destra come Matteo Bassetti chiede gradualità: «si dovrà differenziare tra chi lavora in reparti a rischio e chi no, penso a pronto soccorso, terapie intensive e malattie infettive. Un medico che lavora in questi reparti sarebbe meglio se fosse vaccinato». Anche la Fiaso, l’associazione dei direttori di Asl e ospedali, fa capire che a reintrodurre l’obbligo di mascherina, in caso di abrogazione da parte del ministero, potrebbero essere le stesse strutture sanitarie. «Non è stata presa alcuna decisione finale» ha provato a rassicurare il ministro nel pomeriggio, tentando di spegnere l’incendio.

«Normalità» significa anche meno trasparenza. «Anche in base alle indicazioni prevalenti in ambito medico e scientifico – annuncia Schillaci – si procederà alla sospensione della pubblicazione giornaliera del bollettino dei dati relativi alla diffusione dell’epidemia, ai ricoveri e ai decessi, che sarà ora reso noto con cadenza settimanale». Quello di ieri riporta 29 mila casi e 85 decessi. Per l’Iss l’incidenza è in diminuzione in tutte le fasce di età, così come il tasso di occupazione delle terapie intensive. Fonti interne al ministero spiegano che la richiesta di fermare il bollettino quotidiano viene dallo stesso Istituto Superiore di Sanità (Iss), che lo ritiene troppo dispendioso dal punto di vista organizzativo.

Non festeggiano invece i ricercatori, soprattutto quelli che hanno animato la campagna #datibenecomune sulla trasparenza dei numeri relativi alla pandemia. Come il premio Nobel e vice-presidente dell’Accademia dei Lincei Giorgio Parisi. «Non è un bel segnale, i dati forniti solo su base settimanale rischiano di essere già vecchi» dice il fisico al manifesto. «Ma il numero dei casi positivi è già poco significativo, perché con i test antigenici fai da te non sappiamo quanti siano quelli reali». «Una decisione politica inutile – la giudica il microbiologo e senatore Andrea Crisanti (Pd). «Preferiscono non sapere quanto aumentano i casi. L’hanno tolto perché ai cittadini fa  paura?»

Il rilassamento delle norme tra i sanitari arriva proprio mentre gli esperti segnalano che il coronavirus non ha smesso di mutare: la variante BQ.1 diventerà presto dominante in Europa, mentre in Asia si va diffondendo la XBB. Appartengono entrambe al ceppo Omicron e secondo gli esperti dell’Oms non generano particolare preoccupazione per i sistemi sanitari.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento