Dolcetto o scherzetto? Lo scherzo risale al 18 settembre ma la Tass lo ha reso noto a ridosso di Halloween: se è una coincidenza è di quelle fortunate. Nella burla la premier italiana c’è cascata in pieno e l’imbarazzo è dovuto più a questo che ai contenuti dello scambio con il sedicente politico africano impersonato da uno dei due comici russi Vovan e Lexus, specializzati in tranelli telefonici. Meloni infatti è in folta compagnia. Erdogan, Lagarde, Angela Merkel, Elton John sono alcuni di quelli che hanno abboccato come lucci alla beffa dei due.

A PALAZZO CHIGI sono convinti che siano supportati dai servizi segreti russi. Probabilmente non hanno torto. Resta il fatto che affrontare temi nevralgici con un perfetto sconosciuto senza accertarsi prima di chi sia, anche solo con una rapida passeggiata su Internet, non depone a favore della saggezza e cautela della presidente del consiglio. Per tacere del consigliere diplomatico che ha passato la chiamata senza ulteriori ricerche e che inevitabilmente passerà presto «ad altro incarico». Non a caso è proprio il suo ufficio a diramare l’imbarazzato comunicato con cui cerca di parare il colpo, «rammaricandosi» per «essere stato tratto in inganno da un impostore che si è spacciato per il Presidente della Commissione dell’Unione Africana e che è stato messo in contatto telefonico con il Presidente Meloni».

Nel merito l’abbindolata ha dato poca soddisfazione ai russi proprio sul tema per loro eminente. La premier ha ammesso che la decantata controffensiva ucraina «non sta forse andando come ci si aspettava». Si è lamentata delle conseguenze della guerra: «Immigrazione, inflazione, aumento del prezzo dell’energia». Un disastro. Soprattutto ha riconosciuto che la situazione non presenta soluzioni diverse da quella trattativa che ufficialmente tutto l’occidente esclude finché non sarà Zelensky a volerla: «Vedo molta stanchezza da tutte le parti. Potremmo essere vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita, una soluzione accettabile per tutte e due le parti senza violare il diritto internazionale. Ho alcune idee ma sto aspettando il momento giusto per presentarle».

SAREBBERO PAROLE forti, in conflitto con tutte le prese di posizione ufficiali, se non fosse che quel che confermano è già universalmente noto nonostante il velo della retorica d’ordinanza. In compenso Meloni è sfuggita alle trappole più insidiose. Il «problema di nazionalismo» ce l’ha Putin, non gli ucraini che «stanno facendo quel che è giusto fare e noi cerchiamo di aiutarli». E sul grano: «Se permettiamo alla Russia di ricattarci sarà sempre peggio ma se non troviamo altre soluzioni diventerà impossibile».

Anche sui migranti la premier non è andata oltre quel che tutti sanno: «La Ue dice di capire ma quando chiedi fondi diventa più difficile». Parole tante, soldi e fatti pochi: «Quando li ho chiamati al telefono non hanno risposto e sono tutti d’accordo che l’Italia deve risolvere da sola il problema». Non è quel che racconta la premier quando esce dai vertici europei, sempre «molto soddisfatta». In compenso è quel che anche i meno occhiuti vedono da soli.

DI INCRESCIOSO C’È SOLO la conversazione sulla Francia e il golpe in Niger, capitolo del resto che Meloni apre di persona, senza bisogno di provocazioni da parte del duo russo. È lei che, senza camuffare un approccio non proprio amichevole nei confronti del governo di Parigi, s’informa, chiede se il falso africano consideri il golpe una mossa ostile contro la Francia. È lei che spiattella invereconda le spinte di Parigi «per qualche tipo d’intervento» e che rivendica il merito di aver frenato gli ardori bellici di Macron e dei suoi ministri: «Diciamo loro che dobbiamo evitare situazioni che potrebbero creare più problemi di quel che già abbiamo». Da quel non lontano 18 settembre tra Macron e Meloni è scoppiata una pace dettata dagli interessi comuni e non è facile che l’indiscreta chiacchierata porti a incidenti diplomatici. Però non si sa mai. Quel che invece si sa è che Giorgia Meloni farebbe bene a guardarsi da chi più le sta vicino, collaboratori o compagni di vita che siano. Ma anche questo già lo sapevamo tutti.